CHI REGALA UN SORRISO AD UN BAMBINO VEDE IL SOLE STRACCIARE LE NUVOLE

DIDATTICA

Fare scuola

Tutte le attività nascono da un approccio autentico, euristico e cooperativo, le attività sono progettate su misura, artigianali e non standardizzate (per questo è utile in richiamo ai 4 passi per una pedagogia dell’emancipazione dell’MCE e alla pedagogia Freinet), CREATIVE piuttosto che addestrative, COOPERATIVE piuttosto che competitive. Lavoriamo per competenze, quindi con processi ed abilità e non solo con le conoscenze.

Dispositivi Metodologici

BAMBINI AL CENTRO: il protagonismo dell’alunno nelle scelte è uno sguardo ineludibile (gli allievi non sono solo ATTORI ma devono essere anche AUTORI della propria crescita.

CLASSI APERTE: lavorare a classi aperte significa mettere assieme i talenti e le disponibilità degli insegnanti. Fa in modo che gli alunni di una classe si possano vedere in un ambiente nuovo ma anche in una nuova veste per esempio quando devono stimolare o avere cura dei compagni più piccoli o in difficoltà, piuttosto che quando debbano mettere a disposizione degli altri le proprie doti: abilità, conoscenze e competenze. Lavorare per classi aperte significa anche mettere in condivisione talenti e competenze degli insegnanti e condividere osservazione e valutazione.

LABORATORIO: nel laboratorio viene esplicata la metodologia attiva, vengono usate creatività ed ingegno, si lavora per prove ed errori. Nel laboratorio non c’è competizione ma cooperazione e si matura, in caso di necessità, l’attesa… Attesa dell’insegnante o intesa come lo spazio della riflessione, lo sguardo verso il proprio manufatto in modo critico, il laboratorio è una “pratica antidisprassica”: i bambini di oggi non riescono ad usare in maniera efficace tutte e cinque le dita, quando sono mutilati dall’utilizzo compulsivo di tablet e smartphone. Nel laboratorio c’è la scoperta del nuovo, lo stupore della creazione, la meraviglia, per questo tutte le attività possono passare nel laboratorio.

DEMOCRAZIA E COOPERAZIONE: i ragazzi devono essere protagonisti anche nelle scelte con strumenti di democrazia. Possono farlo in tutti i momenti della giornata scolastica votando, per esempio, svolgere con precedenza o come gestire il tempo libero assieme… Solo attraverso le dinamiche democratiche i bambini escono dal loro egotismo in modo naturale, accogliendo l’altro da sé.  Correlata è la necessità di cooperazione. Non è possibile approfondire i processi di apprendimento con attività routinarie come non è pensabile ricercare competenze nella competizione individualistica. I termini competenze e competizione vengono maldestramente confusi soprattutto in ottica meritocratica. “TEORIA DEGLI ABBRACCI” E GENTILEZZA: un clima di dialogo e di comprensione non significa assolutamente mettere in secondo piano la “disciplina” della classe ma mettere in primo piano la gestione dell’affettività, il rivolgere lo sguardo dentro, alle emozioni, per slanciarlo verso le relazioni. Dobbiamo sapere costruire il gruppo di lavoro intessendo dinamiche positive, con rispecchiamento emotivo. Reti di atteggiamenti gentili che aiutano soprattutto quei  bambini che vivono conflitti con adulti e realtà. Attività opportune sono le “leggi zero” la costituzione del nostro stare a scuola (attività mutuata dal maestro Marco Pollano e dal suo gruppo di lavoro MCE) e le “regole condivise” che i ragazzi scelgono, sottoscrivono e poi fanno rispettare. Ricordandoci sempre che siamo esempio.

ASCOLTO: come lo stare in attesa, anche l’ascolto è una virtù persa nel nostro tempo. Insegniamo turni di parola e il mettersi in ascolto dell’altro (non solo quando parla). Un incipit narrativo aiuta ad entrare nella dimensione scolastica, anche Mario Lodi era solito farlo, anche se stiamo approcciando ad una lezione di matematica. Peraltro Lodi e Rodari si prestano veramente bene a questo tipo di iniziativa…

QUID DE NEUF: molti oramai utilizzano come spazio di parole il “circle time”, in realtà la tecnica Freinet ha principi differenti che non è qui il caso di approfondire, ritengo comunque utile un momento di confronto prima di iniziare una sfida educativa, è una porta aperta verso la pedagogia dell’avvenimento, verso la realtà. La quotidianità è fondamentale, cemento per costruire conoscenze autentiche ed importanti

RINUNCIA AL LIBRO: non voglio giudicare i testi che vengono usati nelle classi in questa sede, li osservo all’inizio dell’anno ma purtroppo non mi hanno mai consentito di svolgere la mia attività “sartoriale” con il giusto grado di accuratezza. Non consentono individualizzazioni e personalizzazioni, per questo preferisco costruire i materiali per i miei ragazzi, fatti su misura per loro. Un investimento di tempo che mi regala però tante soddisfazioni e mi consente di appagare il personale bisogno di creatività che rende il mio lavoro sempre nuovo e isomorficamente meraviglioso (se vogliano che loro si divertano, lo dobbiamo fare anche noi). In fase di PROGETTAZIONE è indispensabile individuare ASPETTATIVE ATTESE, criteri che consentano una proficua osservazione.  Il quaderno è inteso come l’espressione personale dell’allievo, autentico e quindi scevro dalle sgorbiature dell’adulto. Viene rivisto dall’alunno più volte in modo che possa riguardare il proprio lavoro (Autovalutazione del Piano di Lavoro) o eventualmente correggere alcune imprecisioni fatte in precedenza: una “caccia all’errore” che mette in evidenza la crescita, il saper fare. Nel quaderno non ci sono le “pisciatine del cane” del maestro, i segni di approvazione dell’adulto (cuori, figurine, giudizi…) che mentre marcano un territorio stringono la catena.

MATEMUSICA: le attività di matematica e di musica sono abbracciate, siamesi. Non le possiamo mutilare.

PROBLEMATIZZAZIONI E SFIDE SIGNIFICATIVE: la sfida che lanciamo con l’obiettivo di conseguire l’apprendimento deve calzare sul quotidiano e coinvolgere direttamente gli allievi, in prima persona. Per questo anche nelle situazioni problematiche che proponiamo è utile che i ragazzi siano protagonisti e che i loro interessi siano sempre messi al centro.

PIANO DI LAVORO: nel piano di lavoro della classe è necessario lasciare lo spazio per momenti di libera scelta, sia collettiva (l’ordine delle attività collettive della mattina viene scelto democraticamente dalla classe) che individuale (il materiale viene messo a disposizione e l’alunno si determina nel scegliere ciò di cui ha bisogno).

ADDESTRAMENTO: la parte addestrativa, necessaria in alcuni apprendimenti, può essere svolta in maniera divertente e non routinaria con l’utilizzo di strumentazioni moderne che piacciono ai bambini. Anche le verifiche sommative possono essere svolte in maniera ludica o con strumentazioni che non inficino i risultati con stress o ansia.

AUTOVALUTAZIONE: al termine della settimana o di un progetto di lavoro gli alunni ritornano nell’attività per una ricognizione che restituisce il gradimento nello svolgerla e il soddisfacimento (o meno), questo “tornare dentro” mette alla luce i processi[4] che abbiamo implicato nello svolgimento e funge da “sedimento”, rinforzando l’apprendimento.

OSSERVAZIONE SISTEMPATICA: l’osservazione dei processi (delle prestazioni non parliamo neanche) deve essere accurata, sistematica, individuale e profonda. Per questo l’ho impropriamente definita sistempatica, per significarla della cura indispensabile e della preparazione necessaria (in fase di progettazione dobbiamo definire bene i criteri di osservazione e le aspettative attese)

STUDIO ED AGGIORNAMENTO: la scuola cambia ogni giorno. Se non vogliamo rimanere fermi a guardarla dobbiamo aggiornarci con perseveranza. “se vuoi che i tuoi ragazzi studino, non smettere mai di farlo anche tu” (Donato Romito, maestro insuperabile)


Metodologia e didattica: MatEmpatica

Il rapporto con l’insegnamento della disciplina nasce quasi subito, fin dalle prime supplenze: i docenti d’altronde non si strappano i capelli per insegnarla preferendo materie in cui si sentono più comodi e preparati, ho quindi fin da subito potuto constatare sia l’approccio meramente esecutivo, l’ammaestramento, che la tendenza ad utilizzare “dispositivi linguistici” ovverossia strategie metodologiche mutuate dall’insegnamento dell’italiano piuttosto che dalla struttura logico-matematica o scientifica (questo per una serie di motivi che non è il caso di approfondire, legati anche alla “tendenza culturale”).

Generalmente i dati sulle prestazioni della didattica ci confinano nei “bassifondi” delle graduatorie mondiali, è inoppugnabile che la didattica risenta di una stagnazione: viene perpetuata da decenni ripetendo in modo acritico a memoria “quante volte il 3 sta nel 32” piuttosto che “tre per uno tre”…

Il mio approccio quindi  è sempre stato critico rispetto alle pratiche addestrative, i tentativi di innovazione sono stati euristici fino a quando ho trovato per grazia divina un collega preparatissimo ed innovatore, Michele Clemente, che nella sua carriera ha basato la sua ricerca sulla logica della matematica (piuttosto che sulla mera esecuzione) e sulla narrazione (attività che ho scoperto poi ci lega a Mario Lodi); grazie al confronto ed alla condivisione di metodologie e didattiche ed allo studio (D’Amore, Odifreddi, Dehaene, Castelnuovo, Le Bohec, Gasca…) ho maturato una metodologia che mi consente di lavorare in modo euristico, divertendomi e divertendo; in questo modo ho inteso la competenza: un punto interrogativo da svolgere in esclamativo piuttosto che un punto e basta.

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Linea dei numeri tradizionale

Un esempio di quanto scrivo è legato alla linea dei numeri che è orientata da sinistra verso destra secondo un principio proprio della lettoscrittura opposto a quello matematico: quando noi leggiamo anche semplicemente un numero gli ordini numerici più “importanti” sono a sinistra perché legati dall’ordine delle grandezze numeriche (il fondamento di tutta l’operatività):

1 Mille2 Duecento3 Trenta4 Quattro

Nella linea dei numeri canonici la decina è posizionata a destra mentre nell’ordine posizionale la troviamo a sinistra delle unità (anche il piano Cartesiano canonico è investito dal “disorientamento”).

Nella didattica, in prima “elementare” questo comporta un ribaltamento del piano che manda in confusione gli allievi, operando come illustro in seguito i tempi si riducono di almeno un terzo, basta infatti riportare il piano all’interno dell’ordine posizionale delle cifre per avere un quadro coerente dell’apprendimento:

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Linea dei numeri riorientata

Non è marginale se pensiamo che i nostri allievi usano l’abaco fino alla decina in un “verso” e poi lo devono invertire quando approcciamo all’abaco complesso (centinaia e migliaia).

La “scoperta” risale ai primi insegnamenti della matematica ed è stata sperimentata per più di un ventennio consentendomi di riuscire a completare pienamente gli obiettivi delle Indicazioni Nazionali in metà dell’anno scolastico, Daniela Lucangeli anni fa ne ha convenuto tanto che le sue formatrici parlano della necessità di orientare diversamente la linea dei numeri.

Scriviamo di metodologia, di didattica euristica e non di metodo, la nostra pedagogia del fare è lontana dalle prassi meramente addestrative, ammaestratrici, si rivolge alla pedagogia attiva e cooperativa a Celestin Freinet e tutto il Movimento di Cooperazione Educativa (MCE, l’associazione di insegnanti ed educatori più grande ed autorevole in Italia, collegata alla Fimem).

“L’insegnante è un artigiano che deve cucire sull’alunno un vestito su misura, sartoriale, e non un camice industriale, standardizzato che sembra andare bene a tutti ma non calza bene a nessuno” queste sono alcune parole che ho scritto per presentare Essenza Scuola un progetto di scuola che prevedeva la rinuncia al voto per una valutazione formativa nel momento in cui Gelmini li rimise in auge con la 169 del 2008.

La metodologia considera quindi la classe cooperativa ed i dispositivi e le tecniche Freinet declinate nei 4 passi dall’MCE: democrazia, ricerca ed adozione alternativa, valutazione formativa e didattica laboratoriale e a classi aperte, una classe con banchi uniti e una cattedra ai margini, in una scuola in cui i bambini non vogliono tornare a casa perché ci stanno a loro agio, lavorando tanto e crescendo ancora di più.

Attività dell’anno (classe prima)

Siamo partiti dalla presentazione delle cifre e della storia dei, ogni cifra è stata presentata assieme alla relativa figura geometrica (colorata con un numero di colori pari al numero), al numero solido, al ritmo e ad una attività stimolo.

Il percorso segue la storia dei numeri e del calcolo accompagnando i bambini alla scoperta con drammatizzazioni e con simulazioni.

La prima attività con le cifre è stata lo zero che era abbinato ad un fumetto creato per l’occasione e recitato con il kamishibai; la storia ha preso spunto da momenti di rabbia, dalle emozioni che alcuni bambini facevano fatica a contenere.

Il mago dei numeri appare nel fumetto e consegna lo zero che fa sparire in un vortice le cose che ci turbano, il potere dello zero è poi passato di mano in mano e per diverso tempo ha curato i nostri fastidi.

Nel quaderno abbiano attaccato la copia del numero solido, imparando a tagliare la carta piegandola, poi abbiano anche bucato il quaderno per farci passare le dita.    

Abbiamo approfittato anche per istituire le nostre “regole zero”: ascolto, curo e imparo.

In breve sintesi questo è stato il lavoro svolto:

CIFRAFIGURAATTIVITA’
UNOPUNTOUnico come me (foglia e ciondolo)
DUESEGMENTOCoppia, trova le differenze, battaglia navale, ritmo binario
TRETRIANGOLOTre porcellini, Qui, quo, qua, Valzer, costruzione triangolo
QUATTROQUADRATOFantastici quattro, costruzione quadrato
CINQUEPENTAGONOMano conterina, costruzione pentagono
SEIESAGONOApi, costruzione esagono, costruzione cubo
SETTEETTAGONOLa settimana, planetario in ennagono, cuore di pace
OTTOOTTAGONOCostruzione ottagono
NOVEENNAGONOPresentazione abaco

Agenda giornaliera

Bisca clandestina

Giochi di carte per allenare le operazioni primarie (un numero qualsiasi piuttosto che 7 e mezzo, scopa, la carta più alta (anche a coppie o in tris)…

Il gioco si svolge anche in palestra abbinato a ruba bandiera o al castello…

La Tombola di Carnevale

O “Tombola del dentista” visti i dolciumi messi in palio!

Notare la disposizione dei numeri che anticipa il QUADRO DEL CENTO secondo l’ORDINE POSIZIONALE DELLE CIFRE

Lo scienziato

Lavoro focalizzato sul senso dell’olfatto, utilizzando degli oli essenziali

MattInventori

Un giocatore inventa le operazioni, il giocatore dell’altra squadra le esegue, insieme si assegnano i punti (SENZA DENOMINARE IL GIOCATORE)

Stumble Game e Cards

Rilevo un interesse dei bambini relativo ad un gioco che fanno con lo smartphone, decido quindi di agganciarmi ai personaggi per proporre alcune attività.

La prima è un allenamento sulle operazioni di ADDIZIONE e SOTTRAZIONE: lo STUMBLE GAME un “gioco” di squadra in cui ogni operazione vale 1 punto, al termine si sommano i punti di ognuno (senza menzionare il giocatore).

Nel gioco si può utilizzare la LINEA DEI NUMERI (Stumble):

Più avanti, raccogliendo l’interesse per i giochi con le carte e le raccolte di figurine ho preparato anche le STUMBLE CARDS con cui i bambini possono fare varie attività legato alle operazioni fino al 20 (carta più alta o dinamiche delle magic)

Abachiamoci le mani

Piano Regolatore

Regoliamoci

Equazioni

Linea del 20

Brevetto calcolo fino al 20

Alcune immagini delle attività

REGOLI (NUMERI IN COLORE): nella foto una costruzione creativa individuale, usiamo i numeri in colore in attività diversificate: il “muro di regoli” per la combinazione e la seriazione, il “dentista” per la sottrazione…
ABACO: dopo una lungo ed impegnativo periodo dedicato al conteggio digitale, ho costruito un abaco per ogni bambino. Un abaco che tiene la decina sulla sinistra e conta progressivamente e regressivamente verso destra per anticipare la linea dei numeri ordinata correttamente.

MATEMATICA CREATIVA: lo spunto sono le creazioni matematiche (vedi MCE e Le Bohec), in questa foto il laboratorio di costruzione cooperativa con solidi multiforme, attività che ho creato per stimolare la motricità fine in ambiente cooperativo (e creativo).  

LABORATORIO DI CERAMICA: cuore di pace, Natale in maiolica

PLANETARIO IN ETTAGONO: i giorni della settimana ed i relativi pianeti (con divinità greche annesse) all’interno dell’ennagono che ruota con la terra al centro

LA FIONDA DI DANIEL: Daniel trova un bastone in giardino e lo trasforma in fionda. Lo mostra entusiasta alla classe e ci da lo spunto per lanciare la liea dei numeri orientata. E per sparare un po’ di sottrazioni e di addizioni!

LABORATORIO DI CERAMICA

L’attività di ceramica compensa i tratti disprassici di molti dei nostri bambini che a furia di smanettare con gli smartphone e i tablet hanno perso l’uso di pollice, anulare e migliolo e la micromanualità. Allo scopo concorrono anche tutte le attività di colorazione con il pennello o i colori a matita, il ritaglio e l’incollaggio.

Abbiamo iniziato dai passaggi (argilla vecchia solida ripristinata a bagno) e i cambiamenti di stato (argilla asciutta che dopo il passaggio in forno diventa ceramica).

Dopo la cottura lo smalto ed un nuovo passaggio nel forno ci regalano la maiolica che abbiamo regalato ai genitori per Natale.

I NUMERI IN COLORE

I regoli sono amatissimi dai bambini e ci danno la possibilità di dare spazio alla creatività stimolando concetti importanti come quello di grandezza, lunghezza…

Possono essere uno strumento di innesco per sinergie ed analogie con molte attività logico matematiche.

CREAZIONI MATEMATICHE

Tutti i materiali ci danno la possibilità di sperimentare ed entrare in ricerca.

Quest’anno ho creato i BLOCCHI MULTIFORME che si prestano per costruzioni cooperative, per seriazioni e catalogazioni.

I blocchi sono forme, figure, numeri, lettere… sono in materiale leggero ed ultraresistente

LABORATORI DI ARTE

La creatività si manifesta come forma d’arte per questo è necessario stimolare i bambini al bello alla creatività soprattutto in un momento in cui anche i giochi sono frenetici ed esecutivi. I bambini non sopportano la minima frustrazione e si arrendono ancora prima di provare, immaginate quanto questo sia lontano dalla creazione (sono tanti che dicono di non sapere disegnare e fanno fatica anche a pensare di farlo)

FORMAZIONE CONTINUA

Uno dei miei grandi maestri Donato Romito quando ero giovane mi ha suggerito di “studiare sempre”, ho seguito il suo consiglio per fare la migliore scuola possibile. Aveva ragione.

Lo studio come necessità accompagnato da confronto e condivisione sono dispositivi che ci consentono di essere consapevoli e competenti.

I miei punti di riferimento in questo senso sono il MCE ed il Polo Europeo della Conoscenza ma anche pedagogisti come Freinet, Merieu, Bottero, Nigris, Baldacci, Freire, Lodi, Ciari…

NARRAZIONE MOTORE DI INTERESSE

La narrazione iniziale apre le porte alle sfide di apprendimento in modo magico e fantastico, quella magia che ci allontana dal compito rooutinario.

Anche questo anno ho chiamato l’amico e Maestro Michele Clemente da cui sempre mi ispiro.

Il maestro ha vinto tanti premi grazie ai suoi libri. Premi meritatissimi.

AUTOREGOLAZIONE ED AUTOVALUTAZIONE

La consapevolezza porta alla competenza, i bambini devono essere guidati verso i processi che li rendono obbiettivi rispetto ai propri lavori. Per fare questo ho ideato la REVISIONE DEL PIANO DI LAVORO.

A ritroso, alla fine della settimana o dell’UdA, i bambini fanno una ricognizione del lavoro svolto. Una critica che li porta a separare il piano personale da quello produttivo.


EsSenza Scuola

EsSenza Scuola[1], la sperimentazione che mi ha coinvolto dal 2016 al 2019, è partita dal tentativo di affrontando le problematiche dei ragazzi, in parte scaturite da un modello di scuola addestrativo ed anaffettivo, incapace di entrare in sintonia con gli studenti: attacchi di panico, scarsa motivazione e interesse erano gli argomenti di discussione, di noi che ci attrezzavamo per risanare una situazione alle volte incontrovertibile.

Il problema della dispersione scolastica in Italia è tra i temi caldi su cui sono puntati i riflettori dell’Unione europea. Tra gli obiettivi del Piano strategico Europe 2020 c’è anche quello di portare il tasso di abbandono scolastico al 10%. Nel 2016, secondo i dati Eurostat, la percentuale di giovani europei tra 18 e 24 anni che ha lasciato gli studi è stata dell’11,5%. La percentuale italiana è, purtroppo, più alta: 14,2%.”[2]

Ho deciso perciò di ripartire dalla scuola primaria per cercare di frenare l’emorragia a monte, ovverossia per fare germogliare in modo forte e sano una pianta alle volte troppo fragile per sostenere il peso della maturità; ho quindi chiesto preventivamente la disponibilità ad una dirigente innovatrice e preparata (dott.ssa Anna Scimone), poi, ottenuto il passaggio di ruolo, ho iniziato la costruzione del progetto in una scuola, quella in cui io stesso ero stato alunno, che palesava alcune endemiche difficoltà (principalmente di percezione dall’esterno).

L’appoggio della dirigente, con il suo preziosissimo lavoro di ricerca e documentazione, e quello dei successivi (dott.Franca e dott.Biagini) ha consentito in tre anni di far diventare la scuola un punto di riferimento per le scuole primarie della città e per tutti coloro che intendono l’insegnamento una pratica cooperativa, demoratica e attiva.

La nostra scuola cammina col mondo, non deve rimanere ferma a guardarlo: la complessità della nostra società, dei tempi frenetici che viviamo ci portano a profonde riflessioni, obbligano soprattutto noi che siamo operatori scolastici a mettere in discussione il nostro lavoro: siamo in fondo coloro che modellano un futuro estremamente complesso che progredisce in maniera frenetica, mi vien da dire centrifuga, schizofrenica…

In pochi anni abbiamo assistito, ovverossia subito, un vero e proprio ribaltamento di ogni prospettiva, che peraltro non ha coinvolto il mondo scolastico ma lo ha contaminato: la scuola è stata marginalmente investita da questa rivoluzione tecnologica, nel senso che cerca di opporre resistenza alle novità piuttosto che generarle, ha un atteggiamento conservatore piuttosto che innovatore… diciamocelo senza paura.

Abbiamo LIM (lavagne multimediali in classe) che non sfruttiamo appieno e strumenti tecnologici obsoleti, poche risorse e scarsa formazione/ preparazione (teniamo conto anche del livello alto dell’età media del nostro corpo docente).

Le nostre paure non ci consentono di stare al passo con i tempi, non ci permettono di utilizzare linguaggi contemporanei: noi e i nostri alunni parliamo due lingue diverse, facciamo tanta fatica a capirci. […] La domanda di fondo nel progettare un percorso metodologico di didattica è che cosa servirà ai nostri ragazzi, quali saranno i mezzi che dovranno utilizzare nel futuro, quali strumenti saranno utili non tanto per competere ma per comprendere il mondo che li avvolge, siamo davvero sicuri che un modello di scuola, superato oggi, sia proponibile domani?

La didattica che facciamo a scuola è davvero così utile in prospettiva? ha il criterio dell’indispensabile? La “fondamentalità” della conoscenza nell’esistenza o è un inutile orpello di nozioni che in 3 minuti viene beffardamente spazzato via da un gesto nello smartphone?

Entriamo nell’ottica di un sapere in continua evoluzione in un mondo connesso al millisecondo, con conoscenze che interagiscono e mutano ogni istante… come possiamo pensare la scuola come immobile e mummificata su contenuti didascalici già superati ed inefficaci?

Quelle nozioni, imparate spesso a memoria, quanto mai potranno essere utili ai nostri ragazzi?

Quali sono le necessità, le emergenze educative di una società pericolosa per sé stessa e lasciata alla deriva da barbari modelli di comportamento asserviti al consumo?

Personalmente ritengo che la scuola odierna (e non moderna) sia morta, anzi già seppellita e da diverso tempo! (anche non tutti se ne vogliono accorgere).

Si è suicidata ripetendo a memoria quante volte il 5 sta nel 25, volendo ostinatamente imporsi le tabelline a memoria o le mille pagine di corsivo, nelle mille sigle (BES,DSA,ADHD…) o nelle mille scuse, in burocrazia (e qui basta la parola), nelle norme (ma sono normali?) di sicurezza che ci impediscono di salire sulle scale per attaccare un cartellone, nelle schede delle dodicimila “guide didattiche” (altroché il breviario di don Abbondio) che ci hanno tolto creatività ed inventiva, nella paura d’esser giudicati da tutto e tutti, nell’essere in competizione (gare in quanti quaderni o sul numero di “problematici” in aula), nel programma da seguire, nelle urla di poveri colleghi disperati che cercano di contenere bambini senza regole, nel balbettare scuse e restituir bugie ad arroganti genitori-giudici, nella solitudine di non essere capiti, nell’impaccio di non saper utilizzare questi moderni mezzi tecnologici, nel non capire queste giovani generazioni, nell’essere forse troppo vecchi (come dicono i giovani) o distanti, in ministri dell’istruzione che promettevano parrucche mentre tagliavano teste, nei voti da mettere o nelle bugie da raccontare…”[3]

Scuola Es(Senza)

Per ricostruire la scuola bisogna rifondarla, riformularla, scrostarla da preistorici pregiudizi e cercare una MODALITA’ NUOVA, badate bene non un METODO che per caratteristica si sostituisce alla creatività e alla artigianalità della nostra professione (capacità di adattare, semplificazione, individuazione strategica dei contenuti da proporre, inserimento nel contesto di interessi degli alunni…) e ci uniforma quando invece siamo diversi , vogliamo esserlo e anzi di questa diversità ci vogliamo alimentare!

Senza voto!

  • il voto non è uno stimolo al lavoro
  • il voto non aiuta la “disciplina”
  • il voto non motiva al lavoro
  • il voto non vede tra le pieghe degli errori
  • il voto allontana l’alunno (lavora per averlo, non per sé, per il suo maestro, per il piacere)
  • il voto è uno strumento di giudizio dei genitori
  • il voto non è scuola

Sostituiamo la pagella con votazione numerica con una VALUTAZIONE intesa come DARE VALORE (delle caratteristiche, positiva, che metta in risalto unicità e talento): le cose che sappiamo far meglio ci aiutano a fare anche quelle in cui siamo in difficoltà!

Quindi primo punto: IL MESTIERE NON IL METODO (l’abbandono della consuetudine): ognuno di noi è libero di usare il suo mestiere per esempio nella gestione dei reali MODI di gratificazione del lavoro dei nostri ragazzi, mettendo a disposizione del corpo docente la sua esperienza acciocchè diventi patrimonio di tutti, risorsa di ognuno (CONDIVISIONE), per questo sono importantissimi i momenti della PROGRAMMAZIONE collettiva perché aiutano la formulazione e la crescita del piano educativo di una didattica CONDIVISA e COINVOLGENTE.

In classe è importante ci sia sempre DIVERTIMENTO ED INTERESSE: didattica differenziata e mai ripetitiva, stimoli diversi alimentano la motivazione, evitano la percezione di incapacità, stimolano la creatività. Ogni bambino della classe si deve sentire parte attiva per cui, anche nei lavori, alcune scelte vanno lasciate “aperte”, per rendere il bambino protagonista in prima persona in un’ottica DEMOCRATICA.

Anche per questo eliminiamo le barriere proprie di una didattica addestrativa, unidirezionale (della lezione tradizionale) e lavoriamo SENZA CATTEDRA, in orizzontale applicando i criteri della MAIEUTICA, della dialogica per facilitare l’idea della condivisione anche con gli alunni: accomunati dal desiderio comune del lavorare assieme.

Per questo gli apprendimenti trovano reale giovamento se viene sviluppata l’intelligenza del fare attraverso una didattica di LABORATORIO (tutti gli input possono passare attraverso le dinamiche laboratoriali), possibilmente a CLASSI APERTE!

Per fare questo è importante costruire un clima sereno e positivo, e qui entra in gioco l’EMPATIA che nasce dalla nostra reale voglia di insegnare: il rapporto empatico prende i nostri allievi alla radice, entra dagli occhi al cuore, amorevolmente li guida mano nella mano, senza imposizioni, urla o minacce, cercando di limitare il delirio di divieti e di costruire autonomia partendo da REGOLE CONDIVISE che stimolino l’AUTOREGOLAZIONE, unico vero strumento di crescita del comportamento.

Come ha impattato nel contesto scolastico in cui è stata calata?

Ho già accennato che pur godendo di bravi insegnanti il plesso in cui è partito il progetto non godeva di ottima fama, le iscrizioni si facevano a fatica e la nomea non era delle migliori, la nuova veste, il nuovo orizzonte ed il rinnovato spirito hanno inizialmente sospinto tutti gli attori coinvolti, compresi i genitori che hanno accolto con favore la proposta ed hanno partecipato con entusiasmo all’idea.

I riscontri positivi non sono mai venuti meno neanche quando le difficoltà burocratiche, amministrative e legislative ci hanno costretti ad una via impervia e contorta per arrivare all’obiettivo: per evitare il rischio di essere “contra legem” con la dirigente abbiamo pensato già dal primo anno di provvedere ad una doppia consegna della pagella (ministeriale, con il voto numerico e di classe, con un giudizio narrato).

Nell’arco del tempo il plesso si è venuto a caratterizzare proprio per questa sua attitudine al rinnovamento riguardante la parte docimologica, le iscrizioni sono decisamente aumentate (le iscrizioni contano un costante incremento), ed il rapporto con i genitori è intenso e di grande collaborazione.

Rispetto al passato il plesso gode di una “primitiva scelta pedagogica”: il genitore sceglie la scuola perché ne condivide i principi a monte, le scelte pedagogiche iniziali, ponendosi favorevolmente rispetto alle scelte educative di fondo.

Dispositivi condivisi

Per riuscire a rendere dinamiche le modifiche ed il contenuto della proposta di scheda abbiamo utilizzato Google Drive e messo in rete tutto il plesso scolastico.

Lo scambio di informazioni e di idee ci ha portato allo sviluppo di un documento che riuniva gli ambiti disciplinari[4] in aree (socio-relazionali, linguistico-umanistiche, logico-scientifiche ed artistico-espressive) per facilitare la lettura globale degli apprendimenti mentre contenuti, competenze ed osservazioni venivano narrati singolarmente per ogni alunno in modo chiaro e leggibile dal genitore.

Si è convenuto di redigere annualmente il documento di valutazione per rendere più esplicito il continuum dei progressi ottenuti, esprimendosi solo in positivo andando a cogliere caratteristiche e talenti che l’alunno aveva manifestato durante quindi tutto l’anno scolastico (alla fine del primo quadrimestre si provvedeva con un ulteriore colloquio individuale con le famiglie).

Religione veniva inclusa nel documento in una sezione apposita mentre in calce era sottoscritta una proposta educativa, un consiglio alla famiglia, una stimolazione per contribuire a limitare le eventuali difficoltà dell’alunno…inutile sottolineare il gradimento ottenuto.   

Chiaramente la stessa dinamica di osservazione si è ottemperata nell’esecuzione delle prove di verifica che venivano proposte come sorta di gioco e che non come giudizio della prestazione (che nelle prime classi della primaria i bambini non percepiscono).

Anche il quaderno non è stato crocefisso con segni rossi e blu per sottolineare l’errore, la difficoltà del momento: ne tiene conto l’insegnante che provvede in tal senso (anche facendone rendere consapevole l’alunno).

Punti di forza e di debolezza dell’esperienza

La sperimentazione ha garantito un miglioramento della qualità della scuola, del rapporto con i genitori (che subivano il distacco connaturato alla valutazione delle prove, verifiche, e delle pagelle). Proprio la collaborazione con i genitori ed il clima instauratosi sono vanto del lavoro svolto, anche del doppio lavoro di compilazione delle pagelle, per esempio. I genitori si sono proposti per eseguire laboratori a scuola, sono pressoché scomparse le controversie e questo ha armonizzato ancora di più l’ambiente per i bambini che godono di un contesto sempre positivo e favorevole, mai giudicante.

Il percorso è degno di nota se rapportato proprio al contesto cittadino in cui il plesso opera: la scuola è una scuola di “periferia”, è un plesso che gode del patrimonio di tante culture diverse, spesso i bambini provenienti da altri paesi sono in maggioranza rispetto ai “residenti”.

Il punto di debolezza (docimologico) è arrivato nel momento in cui si è cercato di oggettivare il giudizio: tassonomie e descrittori purtroppo riportano la situazione al punto di partenza cercando di contenere il momento ed il sapere; quel tipo di “fotografia” non ha il respiro della crescita. Si ritorna ad un modello tassonomico “americano” favorito dall’ossequioso rispetto di una norma asintonica con il costrutto legislativo (mi riferisco al DL 62/2017 art.3) e quindi alla quantificazione delle prestazioni al fine statistico o di categorizzazione.

Altro punto di debolezza (psicologico) l’atavica paura/fatica nel lanciarsi in una didattica di ricerca ed innovazione, nonostante a Pesaro si possa godere di un validissimo supporto del MCE: la didattica di prassi, addestrativa, della “scuola del controllo”[5] è un’abitudine difficile a perdersi per alcuni davvero impossibile, la procedura di “somministrazione” degli apprendimenti in modo standardizzato consente certezze di prassi e si palesa come chiara e definita ai genitori: la “scuola del programma” (che peraltro non esiste più!) è un’autostrada che consente un viaggio (in apparenza) tranquillo e senza preoccupazioni…

La scuola della ricerca, che è capace di rinnovarsi anche per un bambino, richiede tempo e una grande capacità di mettersi in discussione, abilità rara in tempi in cui è financo difficile parlarsi.

Come il voto viene utilizzato come monito così vengono brandite punizioni e ricatti che non favoriscono lo sviluppo dell’autoregolazione e del controllo: proprio la gestione della classe diviene ansiogeno termometro di insicurezze e frustrazioni che impediscono l’avventurarsi in dinamiche innovative.

Le endemiche paure che attagliano molti si acuiscono allorquando la dimensione formativa si scontra con una parte legislativa che rischia di configurarsi come un controllo ed un contenimento alla plasticità delle classi sociali.

Possibili sviluppi

L’intenzione è quella di aggregare le spinte innovatrici (ne stanno nascendo davvero tante) e trasformare una scuola frammentata in una scuola in movimento attraverso democrazia e condivisione (attraverso i tanti CON invece dei “contro”, delle differenze).

La piattaforma e il supporto dell’MCE saranno la guida nello sviluppare una scuola più democratica e giusta.


[1] Alcuni articoli web che riportano EsSenza Scuola:

https://www.ilrestodelcarlino.it/pesaro/cronaca/scuola-senza-voti-1.4188722

https://bologna.repubblica.it/cronaca/2018/09/21/news/pesaro-207028724/

http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/pesaro-parte-la-scuola-senza-voti-pagella-solo-a-fine-anno_3164023-201802a.shtml

https://www.orizzontescuola.it/scuola-senza-voti-e-senza-pagella-di-meta-anno-lesperimento-a-pesaro/

https://www.scuolazoo.com/info-studenti/news/no-voti-scuola-pesaro-pagella-fine-anno-scolastico/

https://ischool.startupitalia.eu/education/63816-20180924-la-scuola-senza-voti-un-apprendimento-senza-stress

A scuola senza voti: al via l’esperimento

http://www.messa-a-disposizione.com/A-scuola-senza-voti-la-sperimentazione-in-una-scuola-di-Pesaro

https://www.notizie.it/pesaro-prima-scuola-senza-voti-pagella-solo-a-fine-anno/

https://www.fanpage.it/pesaro-in-una-scuola-non-si-daranno-piu-i-voti-agli-alunni/

https://comune-info.net/2018/01/possibile-abbandonare-voti/

Pesaro, parte la scuola senza voti: pagella solo a fine anno

[2] I dati si riferiscono al: 2007-2016 (Fonte: Eurostat). Cit: https://www.truenumbers.it/ecco-quanti-sono-gli-italiani-che-abbandonano-gli-studi/

[3] Da “EsSenza Scuola”

[4] Secondo le Indicazioni Ministeriali del 2007

[5] D.Novara. “Cambiare la scuola si può”

Articolo sul progetto

EsSenza Scuola è stata sperimentata dal 2016 al 2018 alla scuola primaria Chiara Lubich di Pesaro con l’illuminata Dirigente di allora Anna Scimone.

La sperimentazione del nasceva dall’esigenza di spogliare una scuola in emergenza dai suoi abili lisi e disfunzionali, tra l’altro in disaccordo con le Indicazioni ministeriali ed europee già in quei tempi. Questo quello che scrivevamo…

Una metodologica riflessione sulle prassi ci ha suggerito dapprima cosa eliminare.

In una realtà frammentata ed esplosiva in quanto a stimoli, frastornante come un mare in tempesta l’insegnante deve tenere ben saldo il timone, deve sentire propria la meta!

“La scuola è essenza di vita e la vita è presente in ogni momento della scuola”, il docente deve coglierne l’occasione… delle tante cose fatte, dei traguardi tagliati e delle sofferenze superate, della propria esperienza, degli errori commessi e degli inciampi, dei giorni vissuti assieme e delle meravigliose scoperte.

Conserviamo nel cuore quell’essenza, quell’unicità che rischiamo di perdere quando trasformiamo qualcosa di magico in lavoro impiegatizio, qualcosa di bello in veloce produzione; quando confondiamo la vita in esercizio. I troppi fogli di carte bollate, la fredda routine, l’eccessiva burocratizzazione, l’idea manageriale, la competizione ad essere il migliore a scapito degli altri ci hanno centrifugato l’anima e trasformato la società odierna in un allevamento di esecutori asettici, addestrati addestratori.

Pars Destruens

SENZA ADDESTRAMENTO

La scuola delle nozioni è oramai superata da uno swipe sullo smartphone, dobbiamo smettere di riempire i nostri ragazzi di inutili dati rimbalzati a memoria per metterli alla prova facendo loro ripetere a pappagallo delle sterili litanie. La verticalità di un ammaestramento urlante che obbliga l’alunno al silenzio forzoso, all’inibizione, alla semplice esecuzione materiale di procedure indotte spegne la velleità di una scuola piena di colori. 

SENZA ADDESTRATI ADDESTRATORI

Può apparire un controsenso ma l’utilizzo pedissequo di diffusissimi metodi TalDeiTali, ci AMMAESTRA privandoci di creatività e professionalità, deresponsabilizzandoci. Sono degli “addestramenti per addestratori”, inducono l’insegnante a stereotipare tutte le situazioni privandolo della capacità critica, della creatività che riesce a modulare le proposte di apprendimento, della ricerca e dell’approfondimento sempre necessari in un contesto in continua evoluzione.

L’insegnante diventa impiegato, la fotocopiatrice la sua collega preferita!   

Non parlo di chi sopravvive a sé stesso riproducendo quaderni di anni precedenti o di colleghi…

SENZA CONFINI 

Abbattere il muro che la scuola ha costruito per distinguersi (estinguersi?) dalla società, per nascondersi, negarsi ai genitori considerati come giudicanti e parte avversa. La scuola diventa autoreferenziale mentre il suo sguardo diviene da miope a cieco. 

SENZA CATTEDRA

Eliminare la distanza prossemica che la cattedra rappresenta (addirittura in qualche scuola abbiamo il predellino), favorire la relazione circolare ed empatica. Il rapporto verticale è impositivo e porta ad una sudditanza autoritaristica ma è la distanza, che con il Covid è diventata un modo di essere, che rappresenta ora il problema più grave.

SENZA DIVISIONI

Eliminare la distanza tra i banchi di scuola che nasce dalla volontà di impedire la relazione per consentire il controllo, il silenzio e l’obbedienza coatta (in realtà sviluppa una tensione/resistenza che favorisce proprio ciò che vorrebbe inibire.

Un fossato che vuole evitare la copiatura nelle costanti verifiche e che è diventato una prassi durante la pandemia. Alla ripresa della normalità va immediatamente eliminato.

SENZA ERRORE

La sottolineatura dell’errore trasferisce forza dal bambino all’inibizione, soprattutto nei giorni nostri in cui rileviamo una minima tolleranza alla frustrazione legata all’utilizzo smodato di device. La valutazione sommativa opera con gran vigore nell’approccio “scolastico” attraverso ossessionanti verifiche e test degli apprendimenti. L’assuefazione a questa modalità, che rappresenta in realtà un disvalore (lo scopo è non commettere errori), allontana il bambino dalla logica per “prove ed errori” tipica del pensiero creativo e quindi a strutturarsi come asettico mero esecutore. La minusvalutazione che è un modus operandi tristemente imperante, impedisce ricerca e sperimentazione, oscura un mondo di scoperte ed invenzioni.

SENZA VOTO

Il voto non è uno stimolo alla ricerca, non aiuta la disciplina, non motiva al lavoro, non vede tra le pieghe degli errori, è uno strumento incline alle distorsioni percettive e di giudizio distorto dei genitori sui docenti.

Nei primi approcci alla scuola viene percepito come un giudizio su di sè (non è un giudizio prestazionale bensì personale), inoltre le aspettative e le pressioni dei genitori, educati male, comprimono la crescita favorendo meccanismi di ansia ed inibizione a scapito dell’autostima (“una stima che inibisce l’autostima!”)

SENZA BUROCRAZIA

L’impiegato piegato alle scartoffie, soffocato da mille progetti imposti, da formazioni inutili e bloccato da mille divieti che soffocano il buonsenso. 

SI PUO’ FARE? ECCOME! ECCO COME!
SINTETICI SPUNTI DI RIFLESSIONE DELLA PROFESSIONE DOCENTE

Pars costruens

INSIEME

…alle tante agenzie educative, tra queste i genitori che con passione si adoperano per fare crescere i nostri bambini, per emancipare la nostra società.

Una COMUNITA’ EDUCANTE che dà coerenza a REGOLE CONDIVISE e sostiene i ragazzi attraverso un’attenta CRESCITA ASSISTITA che consente loro di essere adeguati ai contesti di vita.

MESTIERE

L’abbandono della consuetudine a favore della ricerca continua traendo insegnamenti dai grandi maestri del passato con passione per un mestiere ancora per fortuna “artigianale” (la proprietà dell’artigiano di perfezionarsi e curare il dettaglio per raggiungere il proprio “capolavoro”). Il concetto di FORMAZIONE CONTINUA e PERMANENTE si rende necessario per poter comprendere criticamente strumenti e comunicazioni di un mondo che viaggia a velocitò supersonica. Deve essere fatto in rete, condividendo le esperienze e le prassi scolastiche anche di ordini di scuola diversi, gestito dagli Uffici Scolastici periferici (non dalle agenzie di formazione private).

ACCURATEZZA

La scelta degli OdA (Obiettivi di Apprendimento) dalle Indicazioni Nazionali nel contesto dei Traguardi di Competenza avviene nella PROGETTAZIONE DELLE UNITA’ DI APPRENDIMENTO. Si strutturano in orizzontale nelle classi parallele per dipartimenti (Protoapprendimenti o di I livello) o in verticale nel curricolo di Istituto (Deuteroapprendimenti o di II livello). La progettazione declina delle Attese che consentono un’OSSERVAZIONE SISTEMATICA ED APPROFONDITA in grado di consentire REGOLAZIONE degli apprendimenti e accuratezza metodologica (individualizzazione e personalizzazione). Le competenze ci richiedono meno situazioni di apprendimento ma più correlazioni: “trarre l’essenziale per non perdersi nel dedalo dei saperi” (P.Perrenoud).

ESIEGENZA

Un’esigenza della scuola è volersi ESIGENTE (mi piace il gioco di parole): pretendere il massimo dai discenti (altrochè buonismo!), con l’esempio, in modo aggraziato e gentile, per perseguire l’eccellenza. L’ambizione è pensare ad una scuola che promuova l’eccellenza in ognuno, che possa emancipare ogni futuro cittadino.  

CONDIVISIONE

Solo una modalità di lavoro condivisa ci consente di affrontare la complessità con cura ed attenzione: dividere le difficoltà per moltiplicare le risorse. La multimodalità degli strumenti ci suggerisce la costituzione di una banca dati pedagogica che possa facilitare la diffusione delle buone prassi metodologiche e delle didattiche che si sono rivelate funzionali rispetto ai contesti. 

EMPATIA 

Un legame solido e potente che avviluppa e sostiene la crescita GENTILE di ogni bambino attraverso stimoli MAIEUTICI. È inutile ricordare il contributo delle neuroscienze che hanno evidenziato il legame tra empatia ed acquisizione degli apprendimenti…  

RESILIENZA

La stessa che chiediamo ai nostri ragazzi, il coraggio di osare, di ricercare e sperimentare, di provare e di sbagliare, di essere avanguardia, di creare e non limitarsi all’esecuzione acritica.

LAVORO

L’alunno deve trovare piacevolezza nell’operare, non costrizione. Dobbiamo farlo sentire responsabile ed attivo nelle scelte, deve potere liberare la propria creatività e sentire INTIMAMENTE SUO il lavoro che ha compiuto, espressione della sua essenza. Freinet considerava il lavoro più importante del gioco per il bambino, un’ETICA del lavoro preclude il massiccio ricatto/condizionamento (do ut des) comportamentista che si esprime anche attraverso le faccine, regalini, giudizi scarabocchiati… Tutti mezzucci degli adulti, carotine per avvicinare al compito ingrato, che rischiano in realtà di allontanare il bambino dal piacere del lavorare e diventano una proiezione dell’adulto che mette in ombra in bambino (oggetto e non più soggetto).  

ADATTAMENTO

Flessibilità nella gestione (dei tempi e dei modi) delle AVVENTURE DI APPRENDIMENTO, della classe e delle esigenze individuali. Il lavoro cammina con il passo degli alunni, anzi degli alunni con il passo più lento; non è una gara in cui vince chi arriva prima né il percorso è sicuramente delineato. Le esigenze dei bambini momentaneamente ci portano volentieri fuoripista e fuoritempo. Comunque una squadra arriva assieme, spessissimo arriva prima di chi corre triste e solitario. 

LABORATORI

Tutti gli input possono passare per una didattica laboratoriale: nel mondo virtuale di oggi spesso i concetti devono essere sedimentano da una parte pratica. Il laboratorio favorisce la scoperta e il lavoro cooperativo, è inoltre un momento sempre diverso e ricco di stimoli. Attraverso il laboratorio possono passare tutti i contenuti disciplinari che vengono dalla pratica sedimentati ed arricchiti di stimoli positivi.

Il Laboratorio manuale diventa indispensabile nelle prime classi della scuola primari aper catalizzare la disprassia e le difficoltà di ascolto, fenomeni in grande crescita negli ultimi anni. L’utilizzo dei device in età precoce inibisce l’uso delle mani e la capacità di ascolto/comunicazione, le attività musicali ed artistiche (ceramica) sono funzionali in tal senso.

COOPERAZIONE E DEMOCRAZIA

Con i banchi riuniti in isole/continenti per favorire il saper stare assieme e la collaborazione come comunione di spunti, idee e mutuo aiuto, si ottiene un sistema che cresce cittadini empatici. È opportuno uno spazio decisionale, l’assemblea, che rende i bambini protagonisti di scelte attraverso meccanismi democratici. Anche il lavoro può essere gestito assieme o in piccoli gruppi con lo sfondo di un costante reciproco aiuto: le difficoltà avvicinano, gli sbagli e gli errori sono un’occasione di sorridente soccorso. Abbiamo bisogno di persone che sappiano stare assieme non genietti anafettivi inetti al lavoro perché incapaci di interfacciarsi con l’altro da sé.

OSSERVAZIONE SISTEMPATICA

Nel lavoro quotidiano, nel processo di crescita, è indispensabile un’attenta capacità di osservazione a sostegno di ogni momento (sia nella valutazione formativa che quella in itinere). La chiamo impropriamente “osservazione empatica” perché le attribuisco determinate caratteristiche:

APPROFONDIMENTO, SISTEMATICITA’, DINAMICITA’, CONTESTUALITA’, FOCALIZZAZIONE, COERENZA, CONDIVISIONE, COMPATIBILITA’.

Per delineare le competenze, l’osservazione di deve abbinare ad ANALISI, VALUTAZIONE ed AUTOVALUTAZIONE (i livelli devono integrare riscontrabili prestazioni frutto di un corollario di conoscenze (sapere) abilita’ (saper fare) ed atteggiamenti/capacità di natura socio-relazionale.

DIDATTICA COINVOLGENTE

La giornata scolastica viene introdotta da un benvenuto, un INCIPIT NARRATIVO che si rivela momento di CONNESSIONE, condivisione, confronto e stacca dal vissuto quotidiano e ci introduce alla sfida di lavoro (anche con le discipline scientifiche). La narrazione spalanca le porte delle emozioni, è preludio dell’attività vera e propria che preferibilmente dovrebbe essere scelta dai bambini, tra un ventaglio di proposte. Il lavoro poi si declina singolarmente/piccoli gruppi/grande gruppo, il termine viene seguito dal momento della COGNIZIONE “con la testa” (problem solving, strumenti e procedimenti, questioni di interesse…) e poi dell’ESECUZIONE “con le mani”. Alla risoluzione dell’avventura di apprendimento segue la sua RIELABORAZIONE COGNITIVA (come abbiamo fatto) e PRATICA (trasposizione sul quaderno o su altri strumenti). I concetti possono avere una denotazione soggettiva, anzi la personalizzazione è bene accetta. Nella trasposizione se è necessario correggere qualche situazione lo si fa sempre in modo delicato, non correggiamo errori di sintassi o di forma (vengono riguardati nel PLS). 

piano di lavoro individuale/settimanale

Il PIANO DI LAVORO di Celestin Freinet è un ottimo strumento per tenere sotto controllo il momento di crescita, suggerisce personalizzazione ed individualizzazione degli apprendimenti. È metodologicamente semplice e consente una modulazione pluridisciplinare oltre all’utilizzo di strumenti variegati e diversi. La collaborazione con Enrico Bottero mi ha consentito di approfondire sfumature e possibilità di una pedagogia ancora efficace.

Nel tempo ho potuto anche sperimentare il PIANO DI LAVORO SETTIMANALE che per le prime classi è portentoso ed anticipa il Piano di Lavoro vero e proprio.

In cosa consiste? Alla fine della settimana, su un “registro personale” simile all’agenda in cui il maestro annota i dettagli delle osservazioni, i bambini fanno una ricognizione delle attività svolte (che riguardano potendole correggere) e ne declinano il gradimento e la soddisfazione ma anche una valutazione del proprio operato, incarnando in questo modo una sostanziale AUTOVALUTAZIONE

Articoli su EsSenza Scuola

il Resto del Carlino (Solidea Vitali Rosati)

La Repubblica.itI school (A.Carlino)

Tecnica della scuola

Orizzonte scuola

TgCom 24

Scuola Zoo

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Il mago di Oz

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Articolo scritto in pandemia

DOBBIAMO PROPRIO DARE I NUMERI?

PREMESSA

È fervente il dibattito sulla “scuola a distanza”, una scuola adattata in un periodo di grande emergenza, tante peraltro solo le petizioni che richiedono si cambiare il sistema di valutazione[1], per approfondirne alcuni aspetti occorre una doverosa premessa, partendo proprio dal termine “a distanza”. In realtà la scuola che si sta effettuando si dovrebbe chiamare “a vicinanza”, in effetti la scuola non si è fermata nonostante le arcaiche dotazioni tecnologiche a disposizione, l’impossibilità di movimento, le mancate competenze informatiche di gran parte degli insegnanti, il necessario appoggio che i genitori devono offrire… Non si è fermata perché è cuore pulsante di un paese, famiglie e docenti hanno compiuto sforzi impensabili pur di mantenere vitale un legame indispensabile che paradossalmente si è rafforzato dando una nuova VISIBILITA’ (cambiando gran parte di una pubblica opinione corrosa). Non si è fermata perché, non avendo i propri alunni, è andata a cercarli fino a casa, dimostrando che per loro, alla fine, è disposta a superare montagne di limiti endemici.  

In una prospettiva cambiata, al centro del dibattito e sottoposta ad una doverosa revisione, si posiziona la valutazione, elemento cardine di diversi modelli scolastici (uno addestrativo e l’altro formativo).

UN MODELLO DI SVALUTAZIONE

La valutazione sommativa si esprime attraverso il voto numerico, incarna una scuola addestrativa in cui la comunicazione prevalente è unidirezionale, lo scopo è trasmettere nozioni che vengono verificate attraverso test che mettono a dura prova sostanzialmente la memoria. Gli apprendimenti declinati a comparti stagni attraverso le discipline scolastiche sono basici (“protoapprendimenti”[2]) e tendono a rimanere attivi per un tempo limitato, vengono sostituiti funzionalmente da blocchi di altri apprendimenti che terminano ciclicamente con le verifiche, il soggetto dell’agire scolastico è proprio il voto a cui tutti gli studenti tendono per avere riconoscimento e ricompense.

È il voto il centro delle attenzioni di bambini e genitori ma anche l’habitus consolidato dei docenti che si ergono a giudici, un riconoscimento sociale che li gratifica differenziandoli per funzione dalla massa. Il voto è in sostanza la misurazione delle conoscenze strappate all’immediato oblio in un ambiente caratterizzato dalla prestazione individuale. L’anelare al profitto del proprio fare si inserisce in un contesto scolastico aziendalista in cui il concetto chiave di competenza viene declinato con competizione individualizzata, indotta da un ventennio in cui il modello era un uomo “fatto da sé” e il termometro sociale era scandito dal “profitto” a qualunque costo, dalle leggi di un mercato senza regole sostanziali. La scuola del profitto declinata in questo modo da uno Stato che promuoveva la competizione come motore della crescita ed il mercato come ambiente di relazione ha “prodotto” cittadini egoici ed anaffettivi, incapaci di relazione speculare e compassione.

La normativa ci rende giustizia, “il voto” è stato ripristinato dal Ministero Gelmini che lo ha accompagnato da una campagna mediatica frastornante le cui parole chiave erano “maestro unico”, “meritocrazia”, “disciplina”. Questo modello non ha conseguito i suoi obiettivi declamati a gran voce, al contrario ha fatto sprofondare la scuola negli indici internazionali (la scuola primaria era la prima nel mondo negli anni 90[3]); segnaliamo i dati preoccupanti che questa “scuola del controllo” ha contribuito a  generare il numero crescente di casi di attacchi di panico in età adolescenziale, l’abbandono scolastico ed il fenomeno dei NEET, i dati OCSE Pisa sulle conoscenze disciplinari, il fenomeno di burnout di docenti (soprattutto della scuola dell’infanzia), la progressiva sfiducia dei genitori…

È chiaro, un modello di valutazione che attraverso l’errore penalizza la prestazione richiede principalmente l’azione di “evitare di sbagliare”, esprime una MINUS VALUTAZIONE: non mette in rilievo le capacità ma le mancanze: il DISVALORE promuove un apprendimento mnemonico, nozionistico, poco creativo e per niente riflessivo.

“Come sociologi sappiamo che la “neovalutazione” produce normalizzazione del sapere e “doping bibliometrico di massa”. Né ci sfugge che è il braccio armato di una “nuova ragione del mondo” che consiste nella “generalizzazione della concorrenza come norma di comportamento e dell’impresa come modello”. Solo così si spiega l’affermazione paradossale per cui anche una cattiva valutazione sarebbe comunque da preferire all’assenza di valutazione. Ciò significa che non si valuta davvero per fini scientifici, ma per governare le condotte secondo un disegno di ortopedia cognitiva che mira a modificare l’ethos del ricercatore. I premi alle presunte strutture meritevoli sono un cavallo di Troia, sono come i bocconi di carne che i ladri lanciano ai cani da guardia per poter svaligiare indisturbati una casa. La nostra casa comune, l’università, è da anni svaligiata. E credere che i sistemi valutativi premiali servano a garantirne la qualità è come pensare che la funzione dei ladri sia quella di cibare i nostri cani.”[4]

Viene utilizzato da gran parte degli insegnanti perché meccanico, veloce, semplice ma la sua superficialità impedisce la riflessione ed una corretta percezione dello stato della crescita dei ragazzi, delle loro necessità e dei bisogni oltre al fatto che non mette in discussione l’operato del docente, le strategie e la metodologia applicata, è peraltro deresponsabilizzante: dal momento in cui si è attribuita l’insufficienza, è la famiglia che deve provvedere al recupero degli apprendimenti con un ulteriore iniezione di “nozioni private a pagamento”.

In questo contesto prende forma la “pedagogia della marginalizzazione”[5] che di propone di selezionare, discriminare per raccogliere un’eccellenza che matura solo in condizioni sociali privilegiate, purtroppo autoreferenziali mentre la scuola assurge al ruolo di servizio delle utenze (questo nella scuola primaria ha scatenato il proliferare di metodi che di autoproclamano salvifici).

Una sorta di apparecchio ortodontico applicato ai sorrisi dei nostri bambini: una scuola grigia senza appeal, senza pathos, senza futuro.

UNA SCUOLA COMPETENTE È SOLO FORMATIVA

“La scuola tradizionale iniziava i lavori di costruzione partendo dal tetto, per poter andare più in fretta e mettere prima la gente al riparo; si serviva di pezzi prefabbricati che si ingegnava a accostare e sovrapporre. L’edificio però si presentava come pericolante e insicuro; chiunque volesse arrivare alla cultura doveva ricominciare da capo, ricostruendo tutto. Noi invece vogliamo partire dalla base, da quelle fondamenta che spesso tardano a uscire dal terreno ma che poi si dimostrano solidissime e incrollabili. Un ripensamento come questo va naturalmente contro le abitudini degli operatori tradizionali, impauriti dai cambiamenti che toccano la vita e le abitudini. Inoltre, esso urta contro gli interessi di coloro che fabbricano gli strumenti tradizionali, i quali fanno di tutto per procrastinare all’inverosimile quelle trasformazioni che il progresso renderà prima o poi inevitabili.
Ci sarà un miglioramento pedagogico nella misura in cui il dinamismo delle forze nuove riporterà la vittoria su tutte queste resistenze e sarà quindi in grado di costruire pietra dopo pietra il mondo nuovo dei nostri sogni”[6]

Le normative di riferimento europee mettono la scuola addestrativa all’angolo nel momento in cui ricercano competenze che non sono rilevabili: in un contesto chiuso, disciplinare, possiamo rilevare tracce di competenze o le competenze proprie delle “materie” ma non certo la competenza in sé che si sostiene con “deuteroapprendimenti[7] (apprendimenti di secondo livello, strutturati).

Slegata dai parametri del sapere la competenza si radica nelle azioni (il “saper fare”) in un contesto di relazione con gli altri e con la situazione, senza questi presupposti non è osservabile, né si riesce a riprodurre con artefatte “prove di realtà”, simulazioni che attivano solo risposte verosimili, compromesse dal contesto.

La Valutazione Autentica e Formativa è l’unica modalità che ci consente la rilevazione delle competenze (comprese quelle implicite), si sostanzia nell’osservazione sistematica e delinea una scuola che al centro del suo agire ha i nostri ragazzi.

La disposizione del docente è fondamentale, deve porsi in un’ottica di RICERCA, pedagogicamente attivo (in formazione continua) e adattivo rispetto all’ambiente, alle condizioni familiari e sociali, l’insegnante non può riproporre la scuola che aveva vissuto da alunno[8].

Uno sforzo professionale indispensabile per uscire dalla dimensione impiegatizia del lavoro: le routine stereotipano modalità e modi, impediscono l’acquisizione di competenze per definizione in eterna evoluzione ed allontanano da un approccio empatico, cuore del rapporto, anima della scuola.

Il rischio di questa società che tende ad annullare le categorie di tempo e spazio è il vivere di RIFLESSO, l’eseguire rimbalzando da un’informazione all’altra, da un lavoro all’altro, da una persona all’altra…. Questo urtare frenetico è privo di RIFLESSIONE, di ricerca, di studio ed di approfondimento ma anche di pensiero e di ascolto, la scuola deve “entrare nello specchio”, guardarsi dentro.

Il rispecchiamento con i nostri alunni è la condizione che ci predispone alla scuola, senza questo legame non è possibile muovere la crescita, creare i presupposti dell’affidamento: senza il vincolo fiduciario non è possibile la rimozione degli ostacoli importanti, non è pensabile lo sviluppo omogeneo della persona.

Il periodo di distanziamento insegna: fare a meno degli altri è un influente disagio, la solitudine coatta di questa situazione ci riporta ad un senso ontologico, etico della scuola che vive di INSIEME: la scuola è COMUNITA’ e per questo deve essere partecipata, COSTRUITA COLLEGIALMENTE, alcune sue caratteristiche le possiamo declinare proprio con il prefisso CO-… COMPETENZA, COERENZA, COLLABORAZIONE, CONDIVISIONE, COMUNICAZIONE, COINVOLGIMENTO, COMPATIBILITÀ, COGNIZIONE, COMPETIZIONE, CONSAPEVOLEZZA, COMPASSIONE, COMPAGNIA, CONGIUNZIONE, CODIFICAZIONE, CONTINUITÀ, COLLEGAMENTO, CONTESTO COOPERATIVO, COLLEGIALITA, COLLETTIVO, COORDINAZIONE, CO-COSTRUZIONE.

La dimensione collettiva favorisce il lavoro per ambienti di apprendimento ed aree disciplinari “l’attività didattica è orientata alla QUALITÀ DELL’APPRENDIMENTO di ciascun alunno e non ad una sequenza lineare, e necessariamente incompleta, di contenuti disciplinari. I docenti, in stretta collaborazione, promuovono ATTIVITÀ SIGNIFICATIVE nelle quali gli strumenti e i metodi caratteristici delle discipline si confrontano e si intrecciano tra loro, evitando trattazioni di argomenti distanti dall’esperienza e frammentati in nozioni da memorizzare. Le discipline, così come noi le conosciamo, sono state storicamente separate l’una dall’altra da confini convenzionali che non hanno alcun riscontro con l’unitarietà tipica dei processi di apprendimento. Ogni persona, a scuola come nella vita, impara infatti attingendo liberamente dalla sua esperienza, dalle conoscenze o dalle discipline, elaborandole con un’attività continua e autonoma.”[9]

La valutazione quindi si può accomoda nella dicotomia degli “atteggiamenti educativi” (addestrativo vs formativo). Abbiamo uno stile che privilegia il giudizio e cerca di fotografare in modo asettico le nozioni/abilità che ogni bambino “possiede” utilizzando l’errore come termometro (sei bravo se non commetti errori) in un ambiente apprenditivo standardizzato (una vera e propria nomenclatura delle conoscenze), produce inconsapevolmente un’insana competizione al rendimento, una classifica di capacità che risente spesso di condizioni di partenza mai uguali quindi viene inficiata dai differenti “strati sociali” (e forse di questi è un’arma)… Si può tendere ad un sistema diverso in cui l’insegnante non sia giudice ma formatore, “un terzo incluso”[10] che sappia accompagnare i bambini attraverso errori e difficoltà, che riesca a circostanziare variabili di ogni tipo, che utilizzi un motore empatico e non anaffettivo alla ricerca di una consapevolezza dei limiti propri per superarli assieme (AUTOVALUTAZIONE strumento cognitivo di critica). Una crescita che mette in risalto le qualità proprie di ognuno, il talento, la creatività, la capacità di lavorare in team e la tanto osannata “competenza”. Attraverso ciò in cui riusciamo, saremo in grado di fare anche ciò che ci rimane difficile[11].


[1] Ne citerò solo alcune: MCE (http://www.mce-fimem.it/firma-la-petizione/), FLC CGIL (http://www.petizioni.net/appello-abolizione-voti-numerici-scuola-primaria), TAMAGNINI (https://www.change.org/p/lucia-azzolina-quest-anno-niente-voti-in-pagella).

[2] Massimo Baldacci, vedi bibliografia

[3] Stefano D’Errico, vedi bibliografia

[4] Il testo dell’intervento di Davide Borrelli al XII Congresso Nazionale AIS Sociologia

[5] P. Merieu, vedi bibliografia

[6] C.Freinet: “La scuola del fare” a breve sarà ripubblicato nella collana RicercAzione (MCE)

[7] M.Baldacci, vedi bibliografia

[8] P.Perrenoud, vedi bibliografia

[9] Indicazioni nazionali 2012

[10] Cit. Daniela Lucangeli

[11] Non è stato possibile in questo contesto approfondire le esperienze pratiche, alcune tracce si trent’anni di scuola le potete trovare su http://www.senzavoto.it

È possibile abbandonare i voti?

Articolo per comune-info.net del 6 gennaio 2018

I voti non stimolano la voglia di apprendere, non vedono tra le pieghe degli errori, insomma non sono scuola. È possibile abbandonarli? In una scuola elementare di Pesaro pensano di sì. Hanno chiesto una mano all’università e hanno avviato una bella sperimentazione, in cui la questione del non- voto – la pagella con votazione numerica è stata sostituita da una descrizione, senza la divisione in discipline, delle caratteristiche positive con cui mettere in risalto unicità e talento – è accompagnata da una didattica differenziata, creativa e mai ripetitiva, dall’imparare facendo, da classi aperte e senza cattedra, da lezioni al parco…

È possibile abbandonare i voti? Nella nostra scuola, la primaria Chiara Lubich dell’I.C. Olivieri di Pesaro, abbiamo avviato una felice sperimentazione che merita di essere raccontata.

Il tutto è nato affrontando le problematiche dei ragazzi di una scuola superiore (per carità una magnifica scuola e come tale incapace di entrare in profondità nella vita dei ragazzi), che sempre più soffrono di attacchi d’ansia e di panico; perciò, ho deciso di rientrare alla scuola primaria, dove è ancora possibile cambiare il destino dei nostri ragazzi. Ho parlato con la mia dirigente (Anna Scimone) che non si è mostrata solo convinta, mi ha dato ulteriori spunti e mi ha spinto a partire assieme a Lei immediatamente. Abbiamo lavorato intensamente su alcuni concetti per una scuola diversa e… siamo partiti con un invito ai colleghi. Proviamo a segnalarli in sintesi.

Per ricostruire la scuola bisogna rifondarla, riformularla, distruggere quel poco che ne è rimasto: scrostarla da preistorici pregiudizi e cercare una modalità nuova, badate bene non un metodo che per caratteristica si sostituisce alla creatività e alla artigianalità della nostra professione (capacità di adattare, semplificazione, individuazione strategica dei contenuti da proporre, inserimento nel contesto di interessi degli alunni…) e ci uniforma quando invece siamo diversi, vogliamo esserlo e anzi di questa diversità ci vogliamo alimentare. I metodi e le guide ci allontanano dal “mestiere”, ci impongono l’uso di strade precostituite che sono una forzatura alla naturalezza del processo di apprendimento del bambino e affievoliscono la nostra voglia di percorrere strade nuove. Spesso ci lasciamo proteggere dal lavoro di altri, dal consueto e consolidato, dal dato di fatto, dal percorso conosciuto… dobbiamo smettere di avere paura.

Il giudizio dei genitori, dei colleghi amplifica i nostri naturali sbagli ma questo sentimento che ci isola può scomparire se un plesso si stringe: unico e univoco (ogni gruppo ha peculiarità, talenti da mettere in gioco, dinamiche e vissuti che lo rendono davvero unico, quest’unicità è un valore aggiunto se accompagnata da una guida univoca (perché condivisa, non imposta), un modo di fare le cose e di essere assieme come cosa sola, come uno, come parte funzionale di un sistema. Ogni uno (di questo tutto condiviso) diventa fondamentale e parte di qualcosa di più grande.

Se il giudizio fa paura e limita noi figuriamoci ai nostri ragazzi… Del resto,il voto non è uno stimolo al lavoro, non aiuta la “disciplina”, non motiva al lavoro, non vede tra le pieghe degli errori, allontana l’alunno (lavora per averlo, non per sé, per il suo maestro, per il piacere), è uno strumento di giudizio dei genitori, insomma non è scuola. E allora sostituiamo la pagella con votazione numerica con una valutazione delle caratteristiche, positiva, che metta in risalto unicità e talento: le cose che sappiamo far meglio ci aiutano a fare anche quelle in cui siamo in difficoltà.

Quindi primo punto: il mestiere non il metodo (l’abbandono della consuetudine): ognuno di noi è libero di usare l’”artigianalità” del suo mestiere, per esempio nella gestione dei reali modi di gratificazione del lavoro dei nostri ragazzi condividendo la modalità. Per farsi scuola bene basta, ma se è in condivisione, in una piattaforma/teca di contenuti e di strategie di plesso è ancora meglio. Per questo sono importantissimi i momenti della programmazione collettiva perché aiutano la formulazione e la crescita del piano educativo di una pedagogia condivisa e coinvolgente.

L’alunno deve venire avviluppato, abbracciato nel suo contesto, quello conosciuto, della sua realtà da stimoli che sono propri, comuni, che gli sono vicini, che appartengono alla sua realtà che conosce solo chi gli sta accanto ogni giorno e attentamente coglie interessi e spunti per proseguire il cammino. In classe è importante ci sia sempre divertimento e interesse: didattica differenziata e mai ripetitiva, stimoli diversi alimentano la motivazione, evitano la percezione di incapacità, stimolano la creatività. Ogni bambino della classe si deve sentire parte attiva per cui, anche nei lavori, alcune scelte vanno lasciate “aperte”, chiamiamola impropriamente didattica liquida (come un fiume verso il mare, scopriamo insieme ai nostri ragazzi, tutti i giorni… strade diverse, strategie nuove).

Altra questione di modo è lavorare senza cattedra, in orizzontale applicando i criteri della maieutica, della dialogica, del cooperative learning in banchi vicini per facilitare l’idea della condivisione anche con gli alunni: accomunati dal desiderio comune del lavorare assieme. Per questo gli apprendimenti trovano reale giovamento se viene sviluppata l’intelligenza del fare attraverso una didattica di laboratorio (tutti gli input possono passare attraverso le dinamiche laboratoriali). Il laboratorio andrebbe fatto almeno una volta a settimana, chiaramente si dovrebbero alternare laboratori di diversa matrice (musica, danza, ceramica, orto…) meglio ancora fosse a classi aperte si potrebbe ipotizzare un mercoledì senza scuola (in cui tutti i bambini vengono accolti in laboratori diversi, strutturati e periodici, prima percorso di ceramica, poi microscopia, poi musica, approfondimenti linguistici o storici… per classi parallele con contenuti quindi simili, utilizzando le peculiarità del plesso e i nostri talenti).

Quel senza non è relativo alla scuola, è lo spogliarla di un vestito consunto, disfunzionale e logoro. Abbandoniamo la didattica tradizionale, è morta e sepolta.

Nella pratica una giornata scolastica… Accoglienza (ci vuole sempre un bel saluto per iniziare bene, un saluto col sorriso), circle time (momento di reset con l’esterno che accende la comunicazione attiva). Lancio del tema, lezione dialogica (presentazione dell’avventura della mattina), maieutica (lavoro concettuale sul contenuto dell’apprendimento), rielaborazione (individuale, sul quaderno, di gruppo…), saluto finale (anche al termine della giornata è bello uscire sereni…).

Per fare questo è importante costruire un clima sereno e positivo, e qui entra in gioco l’empatia che nasce dalla nostra reale voglia di insegnare abbandonando le problematiche del nostro meraviglioso mestiere. Il rapporto empatico prende i nostri allievi alla radice, entra dagli occhi al cuore, amorevolmente li guida mano nella mano, senza imposizioni, urla o minacce, cercando di limitare il delirio di divieti e di costruire autonomia partendo da regole condivise che stimolino l’autoregolazione, unico vero strumento di crescita del comportamento.

Per lavorare in questo contesto, abbiamo bisogno di spazi quindi di tutte le aule a disposizione del plesso, di ogni risorsa e di laboratori curati e funzionali. Da questo punto è partita l’avventura, abbiamo cominciato a lavorare innanzitutto sull’ambiente scolastico a pieno regime trasformando gli spazi in laboratori che sfruttiamo almeno una volta a settimana (classi aperte 1+2 per esempio tutti i venerdì):

ceramica (ci abbiamo lavorato tutte le scorse Vacanze di Natale, adesso è un fiore all’occhiello della scuola)

informatica (ora abbiamo una rete vera, che ci consente la condivisione di tutto il materiale, fruibile da ogni computer, quindi in ogni aula)

microscopia e scienze

musica con studio per registrazioni/incisioni.

Abbiamo anche ritinteggiato, carteggiato, stuccato la scuola rendendola un bel posto, un posto in cui stiamo meglio tutti. Poi abbiamo cominciato a trasformare la didattica, condividendola (utilizziamo un cloud che raccoglie lezioni, flipchart delle lim, proposte e lavori degli alunni) ed arricchendone i contenuti (ad esempio Scienze al parco Miralfiore: enorme e bellissimo parco cittadino in cui esploriamo le scienze, esplorazioni guidate da una sapiente guida naturalistica con il patrocinio dell’azienda che si occupa del verde pubblico della nostra città, Marche Multiservizi).

Chiaramente il percorso metodologico e didattico è stato condiviso con igenitori che hanno immediatamente accettato la situazione e che oggi ne sono entusiasti. La valutazione ministeriale ci è stata imposta dal nostro Ufficio scolastico provinciale (Usp), abbiamo deciso insieme all’Ufficio (che ha presenziato alle nostre conferenze/dibattiti) di accompagnare alla sterile pagella ministeriale una pagella consona al percorso formativo che avevamo intrapreso (nel primo quadrimestre l’abbiamo sostituita con un ulteriore colloquio individuale).

Abbiamo pensato a una pagella con linee guida, caratteristiche semplici e chiare.

Ambiti di valutazione:

  1. Sostantivo: contenuti degli apprendimenti, concetto di post programmazione: il percorso scolastico;
  2. Verbo: le abilità e le competenze acquisite, il suo fare, ergo: ciò che l’alunno sa fare (Non pensiamo neppure lontanamente che ci possa essere un individuo che non sappia far nulla, in quel caso l’incapace è l’insegnante);
  3. Avverbio: osservazioni del modo in cui l’alunno vive i momenti dell’apprendimento;

Aree della valutazione:

  1. Relazionale
  2. Umanistica
  3. Logico matematica
  4. Espressiva
  5. Religione

Alla scheda in calce si aggiungono le indicazioni alla famiglia con proposte educative di supporto (consigli, ad esempio, su attività da fare assieme o indicazioni di interessi e

talenti…). La proposta parte dal principio di eliminazione della compartimentazione stagna delle singole discipline: racchiudere gli apprendimenti in macroaree facilità l’individuazione delle competenze del bambino e favorisce una valutazione sintetica e globale.

La suddivisione in piccoli ambiti ci fa perdere la visione complessiva e ci induce ad una valutazione superficiale e ristretta quindi all’errore. L’idea di tentare di sintetizzare la crescita e la vita nella scuola utilizza categorie che siamo soliti usare per discriminare il mondo che ci circonda: in nomi, azioni e modi abbiamo raggruppato la realtà che ci circonda, costituiscono la nostra conoscenza del mondo che ci ospita.

Quest’anno siamo in sperimentazione provvedendo all’implementazione della pagella dello scorso anno, quindi elaborando i criteri che l’hanno concepita. Io personalmente ho abbandonato da tempo libri e sussidiari (occupandomi della parte scientifica ne ho potuto misurare gli errori e l’inutilità), costruisco per i miei ragazzi il lavoro quotidianamente, basandomi sui loro interessi e sulle nostre scoperte quotidiane.

È normale e fisiologico che il percorso sia ostacolato da tante resistenze (anche di carattere burocratico), paure, invidie… solo quando sarà largamente condiviso, il nostro lavoro di insegnanti, godrà del contributo di tutti.

Articolo per Gianluca Carmosino

Marzo 2018

Il tutto è nato affrontando le problematiche dei ragazzi di una scuola superiore, per carità una magnifica scuola e come tale incapace di entrare in profondità nella vita dei ragazzi, che sempre più soffrono di attacchi d’ansia e di panico; perciò, ho deciso quindi di rientrare alla scuola primaria, dove è ancora possibile cambiare il destino dei nostri ragazzi.

Ho parlato con il mio dirigente (Anna Scimone) che non si è mostrata solo convinta, mi ha dato ulteriori spunti e mi ha spinto a partire assieme a Lei immediatamente.  

Abbiamo lavorato intensamente su alcuni concetti per una scuola diversa e… siamo partiti con un invito ai colleghi (in sintesi):

SCUOLA (es)SENZA

Per ricostruire la scuola bisogna rifondarla, riformularla, distruggere quel poco che ne è rimasto: scrostarla da preistorici pregiudizi e cercare una MODALITA’ NUOVA, badate bene non un METODO che per caratteristica si sostituisce alla creatività e alla artigianalità della nostra professione (capacità di adattare, semplificazione, individuazione strategica dei contenuti da proporre, inserimento nel contesto di interessi degli alunni…) e ci uniforma quando invece siamo diversi , vogliamo esserlo e anzi di questa diversità ci vogliamo alimentare!

I metodi e le guide ci allontanano dal “mestiere”, ci impongono l’uso di strade precostituite che sono una forzatura alla naturalezza del processo di apprendimento del bambino e affievoliscono la nostra voglia di percorrere strade nuove. Spesso ci lasciamo proteggere dal lavoro di altri, dal consueto e consolidato, dal dato di fatto, dal percorso conosciuto…dobbiamo smettere di AVER PAURA!

Il giudizio dei genitori, dei colleghi amplifica i nostri NATURALI sbagli ma questo sentimento che ci isola può scomparire se un plesso si stringe: UNICO ed UNIVOCO (ogni gruppo ha peculiarità, talenti da mettere in gioco, dinamiche e vissuti che lo rendono davvero unico, quest’unicità è un valore aggiunto se accompagnata da una guida univoca (perché condivisa, non imposta), un modo di fare le cose e di essere ASSIEME come cosa sola, come uno, come parte funzionale di un sistema. OGNI UNO (di questo tutto condiviso) diventa fondamentale e parte di qualcosa di più grande.

Se il giudizio fa paura e limita noi (figuriamoci ai nostri ragazzi)…

SENZA VOTO!

  1. il voto non è uno stimolo al lavoro
  2. il voto non aiuta la “disciplina”
  3. il voto non motiva al lavoro
  4. il voto non vede tra le pieghe degli errori
  5. il voto allontana l’alunno (lavora per averlo, non per sé, per il suo maestro, per il piacere)
  6. il voto è uno strumento di giudizio dei genitori
  7. il voto non è scuola

Sostituiamo la pagella con votazione numerica con una VALUTAZIONE (delle caratteristiche, positiva, che metta in risalto unicità e talento): le cose che sappiamo far meglio ci aiutano a fare anche quelle in cui siamo in difficoltà!

Quindi primo punto: IL MESTIERE NON IL METODO (l’abbandono della consuetudine): ognunodi noi è libero di usare il suo mestiere, per esempio nella gestione dei reali MODI di gratificazione del lavoro dei nostri ragazzi CONDIVIDENDO LA MODALITA’.

Per farsi scuola bene basta, ma se è in CONDIVISIONE, in una piattaforma/teca di contenuti e di strategie di plesso è ancora meglio.

Per questo sono importantissimi i momenti della PROGRAMMAZIONE collettiva perché aiutano la formulazione e la crescita del piano educativo di una pedagogia CONDIVISA e COINVOLGENTE.

L’alunno deve venire avviluppato, abbracciato nel suo contesto, quello conosciuto, della sua realtà da stimoli che sono propri, comuni, che gli sono vicini, che appartengono alla sua realtà che conosce solo chi gli sta accanto quotidianamente e attentamente coglie interessi e spunti per proseguire il cammino.

In classe è importante ci sia sempre DIVERTIMENTO ED INTERESSE: didattica differenziata e mai ripetitiva, stimoli diversi alimentano la motivazione, evitano la percezione di incapacità, stimolano la creatività.

Ogni bambino della classe si deve sentire parte attiva per cui, anche nei lavori, alcune scelte vanno lasciate “aperte”, chiamiamola impropriamente DIDATTICA LIQUIDA (come un fiume verso il mare, scopriamo insieme ai nostri ragazzi, tutti i giorni… strade diverse, strategie nuove).

Altra questione di modo è lavorare SENZA CATTEDRA, in orizzontale applicando i criteri della maieutica, della dialogica, del cooperative learning in banchi vicini per facilitare l’idea della condivisione anche con gli alunni: accomunati dal desiderio comune del lavorare assieme.

Per questo gli apprendimenti trovano reale giovamento se viene sviluppata l’intelligenza del fare attraverso una didattica di LABORATORIO (tutti gli input possono passare attraverso le dinamiche laboratoriali. Tutti!). Il laboratorio andrebbe fatto almeno una volta a settimana, chiaramente si dovrebbero alternare laboratori di diversa matrice (musica, danza, ceramica, orto…) meglio ancora fosse A CLASSI APERTE! si potrebbe ipotizzare un MERCOLEDI DI SENZA SCUOLA (in cui tutti i bambini vengono accolti in laboratori diversi, strutturati e periodici, prima percorso di ceramica, poi microscopia, poi musica, approfondimenti linguistici o storici…per classi parallele con contenuti quindi simili, utilizzando le peculiarità del plesso e i nostri talenti).

Quel senza non è relativo alla scuola, è lo spogliarla di un vestito consunto, disfunzionale e logoro. ABBANDONIAMO LA DIDATTICA TRADIZIONALE. E’ MORTA E SEPOLTA.

Nella pratica una giornata scolastica…

ACCOGLIENZA (ci vuole sempre un bel saluto per iniziare bene, un saluto col sorriso)

CIRCLE TIME (momento di RESET con l’esterno che accende la COMUNICAZIONE ATTIVA).

LANCIO DEL TEMA, LEZIONE DIALOGICA (presentazione dell’avventura della mattina)

MAIEUTICA (lavoro concettuale sul contenuto dell’apprendimento)

RIELABORAZIONE (individuale, sul quaderno, di gruppo…)

SALUTO FINALE (anche al termine della giornata è bello uscire sereni…)

Per fare questo è importante costruire un clima sereno e positivo, e qui entra in gioco l’EMPATIA che nasce dalla nostra reale voglia di insegnare! (abbandonando le problematiche del nostro meraviglioso mestiere).

Il rapporto empatico prende i nostri allievi alla radice, entra dagli occhi al cuore, amorevolmente li guida mano nella mano, senza imposizioni, urla o minacce, cercando di limitare il delirio di divieti e di costruire autonomia partendo da REGOLE CONDIVISE che stimolino l’AUTOREGOLAZIONE, unico vero strumento di crescita del comportamento.

Per lavorare in questo contesto, abbiamo bisogno di SPAZI quindi di tutte le aule a disposizione del plesso, di ogni risorsa e di laboratori curati e funzionali.

Da questo punto è partita l’avventura, abbiamo cominciato a lavorare innanzitutto sull’AMBIENTE SCOLASTICO a pieno regime trasformando gli spazi in laboratori che sfruttiamo almeno una volta a settimana (classi aperte 1+2 per esempio tutti i venerdì) :

CERAMICA (ci abbiamo lavorato tutte le scorse Vacanze di Natale, adesso è un fiore all’occhiello della scuola)

INFORMATICA (ora abbiamo una rete vera, che ci consente la condivisione di tutto il materiale, fruibile da ogni computer, quindi in ogni aula)

MICROSCOPIA E SCIENZE

MUSICA con STIDIO per INCISIONI (in via di ultimazione).

Abbiamo anche ritinteggiato, carteggiato, stuccato la scuola rendendola un bel posto, un posto in cui stiamo meglio tutti.

Poi abbiamo cominciato a trasformare la DIDATTICA, condividendola (utilizziamo un cloud che raccoglie lezioni, flipchart delle lim, proposte e lavori degli alunni) ed arricchendone i contenuti (ad esempio Scienze al parco Miralfiore: enorme e bellissimo parco cittadino in cui esploriamo le scienze, esplorazioni guidate da una sapiente guida naturalistica con il patrocinio dell’azienda che si occupa del verde pubblico della nostra città, Marche Multiservizi).

Chiaramente il percorso metodologico e didattico è stato condiviso con i genitori che hanno immediatamente accettato la situazione e che oggi ne sono entusiasti.

La valutazione ministeriale ci è stata imposta dal nostro USP, abbiamo deciso insieme all’Ufficio (che ha presenziato alle nostre conferenze/dibattiti) di accompagnare alla sterile PAGELLA ministeriale una pagella consona al percorso formativo che avevamo intrapreso (nel primo quadrimestre l’abbiamo sostituita con un ulteriore colloquio individuale).

Pagella con linee guida, caratteristiche semplici e chiare.

Ambiti di valutazione:

  1. SOSTANTIVO: contenuti degli apprendimenti, concetto di post programmazione: il percorso scolastico;
  2. VERBO: le abilità e le competenze acquisite, il suo fare, ergo: ciò che l’alunno sa fare! (Non pensiamo neppure lontanamente che ci possa essere un individuo che non sappia far nulla, in quel caso l’incapace è l’insegnante)
  3. AVVERBIO: osservazioni del modo in cui l’alunno vive i momenti dell’apprendimento

Aree della valutazione:

  1. Relazionale
  2. Umanistica
  3. Logico matematica
  4. Espressiva
  5. Religione

Alla scheda in calce si aggiungono le indicazioni alla famiglia con proposte educative di supporto (consigli ad esempio su attività da fare assieme o indicazioni di interessi e talenti…)

La proposta parte dal principio di eliminazione della compartimentazione stagna delle singole discipline: racchiudere gli apprendimenti in macroaree facilità l’individuazione delle competenze del bambino e favorisce una valutazione sintetica e globale.

La suddivisione in piccoli ambiti ci fa perdere la visione complessiva e ci induce ad una valutazione superficiale e ristretta quindi all’errore.

L’idea di tentare di sintetizzare la crescita e la vita nella scuola utilizza categorie che siamo soliti usare per discriminare il mondo che ci circonda: in nomi, azioni e modi abbiamo raggruppato la realtà che ci circonda, costituiscono la nostra conoscenza del mondo che ci ospita.

Quest’anno siamo in sperimentazione/formazione con l’Università di Urbino (D’Ugo e Martini) e stiamo provvedendo all’implementazione della pagella dello scorso anno, quindi elaborando i criteri che l’hanno concepita.

Io personalmente ho abbandonato da tempo libri e sussidiari (occupandomi della parte scientifica ne ho potuto misurare gli errori e l’inutilità), costruisco per i miei ragazzi il lavoro quotidianamente, basandomi sui loro interessi e sulle nostre scoperte quotidiane.

È normale e fisiologico che il percorso sia ostacolato da tante resistenze (anche di carattere burocratico), paure, invidie… solo quando sarà largamente condiviso, il nostro lavoro di insegnanti, godrà del contributo di tutti.

Un progetto di scuola (EsSEnza Scuola)

Non ho mai ferito i miei alunni di voti, li detestavo da alunno (pur “andando bene”) non li ho mai utilizzati da insegnante né li ho mai declinati come strumento di lavoro, preferisco adottare strategie inclusive e non invasive. La scuola tradizionale[1] attraverso una compulsiva valutazione sommativa ha la pretesa di selezionare la futura classe dirigente, discriminando attraverso un’insana ed individualistica competizione: in questa veste è divenuta SOGGETTO della didattica e non più strumento (OGGETTO) metodologico. Il bambino subisce passivamente misurazioni continue ed inferenti, vivendo la scuola con malessere e senza prospettiva: l’architettura di questo modello si riferisce ad una società preistorica in cui la principale funzione della scuola era l’avviamento al lavoro, la modernità ha stravolto i concetti di spazio e tempo, nessun percorso di crescita oggi può essere predittivo per cui la scuola deve modificarsi geneticamente attribuendosi qualità e funzioni coerenti con il momento storico: non può rimanere immobile a guardare una realtà che le sfugge. Le necessità di una moderna società, le indicazioni concordate con i paesi dell’UE, il bisogno di un principio educante, il benessere e la soddisfazione nel lavoro ci suggeriscono un modello diverso in cui questo rapporto sia invertito: adottare una valutazione autentica, formativa, formatrice e democratica ci porta a raccontare fatiche e conquiste dei nostri ragazzi, un viaggio che parte dalla scuola di tutti i giorni.

L’esperienza segna sempre la via quando è abbinata alla massima cura e ad una scrupolosa attenzione ai dettagli: evitare di costruire qualcosa per imporlo cercando di interessare attraverso esperienze che abbiano qualcosa di concreto, divertente e stimolante è un approccio che avvicina i ragazzi agli apprendimenti mentre allontana questi dall’oblio in un contesto frastornante di informazioni sovrabbondanti. La scuola è un mestiere artigianale, ceselliamo un abito a misura per ogni nostro bambino: anche per questo non ho mai utilizzato libri di testo, né mi sono fatto condizionare dalle guide didattiche (addestrano addestratori), al contrario ho cercato di cogliere l’essenza dei concetti per poterli presentare adattati, contestualizzati e sempre diversificati, mai standardizzati[2]. La preparazione “artigianale” dei contenuti degli apprendimenti segue un momento di analisi profonda delle esigenze e dei bisogni dei bambini nel contesto di una crescita progressiva con una dotazione di conoscenze da scoprire ed attività da sviluppare. Con questi principi ho iniziato il percorso nell’IC A.Olivieri, la scuola del mio quartiere, in sofferenza per numero di iscritti e con una pessima nomea ma con una visionaria e competente Dirigente, con Anna Scimone ho pianificato una sistematica strutturazione, peraltro per poter essere comprensibile e di semplice lettura avevo formulato in estate una progettazione dall’architrave semplice[3]: eliminare pratiche dannose, dare spazio a momenti propositivi ed attivi (il “senza” della “pars destruens”, l’essenza per la “Pars costruens”). Questi alcuni di quei principi messi in pratica in quegli anni:

Lo spazio

La scuola deve essere l’ambiente migliore possibile, i ragazzi si devono nutrire di bellezza per fare questo è necessario che gli ambienti siano curati. Se alle volte mancano risorse economiche, quelle personali sopperiscono: nell’arco di un paio di anni, assieme a dirigente, colleghi, genitori abbiamo ristrutturato completamente il plesso creando inoltre tanti laboratori (ceramica, musica, informatica, microscopia… dove svolgevamo gran parte delle nostre attività). Spesso i bambini ci hanno dato una mano, la loro gioia nell’affrontare le fatiche fisiche era quasi pari all’orgoglio di sentirsi propria la scuola. Abbiamo declinato anche lo spazio di lavoro all’interno della classe di appartenenza in un modo congruo: i banchi sono stati raggruppati in due “continenti” per favorire relazione e reciprocità. È una misconcezione che i bambini per non distrarsi debbano essere separati, isolati, è la forzatura dell’adulto in deficit gestionale che tende ad imporre un controllo forzoso (a scapito della autoregolazione, quindi alla fine controproducente[4]): i bambini a loro agio e con a fianco i compagni hanno sempre lavorato con serenità e in massima condivisione moltiplicando gli sforzi e dividendo le fatiche. Le pareti disadorne della classe hanno atteso i lavori dei bambini per rivestirsi di vissuto quotidiano (anche questo spazio è stato a loro dedicato per favorire il radicamento di un vissuto proprio).  Lo spazio alla creatività libera l’estro dei ragazzi, che non si sono sentiti vincolati alla continua validazione dell’adulto nel momento che si sono ritenuti liberi e protagonisti di scelte o di decisioni; un impianto che è molto più semplice vivere che spiegare. Spiegazione che abbiamo voluto dare inizialmente ai genitori: era giusto che anche loro si sentissero partecipi e condividessero lo stile pedagogico che volevamo ci contraddistinguesse. E’ stata la fatica minore in effetti, una volta spiegata la rinuncia alla quantificazione della nozione appresa, abbattuto il muro che il giudizio frappone tra scuola e famiglia ed illustrato a grandi linee il viaggio che volevamo intraprendere, abbiamo dovuto solo sedare piccole ansie e desideri di controllo di sporadici genitori ma la fiducia reciproca è stata allargata ed immediata (per poi crescere a dismisura nell’arco del tempo).

Il tempo

Non ne abbiamo perso, approvato immediatamente ed all’unanimità in Collegio dei Docenti, il progetto EsSenza Scuola è partito secondo queste altre caratteristiche per tutte le classi prime dell’Istituto:

AREE DISCIPLINARI UNIFICATE: almeno fino a gennaio, il team docente non ha lavorato per discipline ma favorendo la codificazione simbolica e l’ascolto attraverso narrazioni e “circle time”, solo successivamente dopo una prima parte condivisa abbiamo gradualmente focalizzato il nostro operare. Nella nostra classe il team docente era di “nuova” composizione, questo stratagemma ci ha consentito di mutuare pratiche, modalità di lavoro, condividere un modo di osservazione comprensibile e di costruire una comune e solida base, il fondamento su cui poi abbiamo costruito gli apprendimenti diversificati.

CLASSE DEMOCRATICA E REGOLE CONDIVISE: uno degli aspetti indispensabili di una prima classe è il “radicamento nella scuola”[5], si può fare senza dovere imporre in maniera coatta delle regole attraverso punizioni e sanzioni (o premi che favoriscono criteri selettivi[6]). I bambini hanno stabilito delle regole valide per la classe[7], regole votate ed approvate dalla maggioranza. In genere sono regole che faccio scrivere, in quella esperienza non ne ho sentito la necessità perché l’impressione che ne avevo avuto (giustamente) era di grande condivisione. La classe democratica si è espressa quotidianamente sulle scelte delle attività che voleva svolgere e in ogni discussione possibile.

MOLTEPLICITÀ’ E SISTEMATICITÀ’ DI OSSERVAZIONI: E’ indispensabile un’osservazione capillare per riuscire a calibrare il nostro intervento. Un’osservazione appropriata[8] ci consente personalizzazione, ricognizione e la valutazione delle azioni proposte. Quale sia il modo di condivisione non è codificato, dipende sempre dallo strumento che i docenti maneggiano con più dimestichezza, in questa situazione avevamo optato per una chat di larghissimo uso (WhatsApp) perché ci ha consentito di documentare con audio, video, foto e brevi testi quello che accadeva ogni giorno in modo immediato, nel tempo posso dire di avere usato quasi tutti i mezzi possibili! La condivisione dei molteplici punti di osservazione assicura la maggior oggettività possibile favorendo una visione comune dell’equipe di classe, consente una rilevazione a 360° dei talenti e delle possibilità del nostro alunno: le sue capacità lo aiuteranno a superare le naturali difficoltà del percorso apprenditivo.

CLASSI APERTE E LABORATORI: la strutturazione della settimana prevedeva una giornata dedicata interamente ai laboratori a classi aperte, il venerdì. I bambini di diverse classi si sono incontrati riunendosi per attività diverse, scelte dagli adulti (poi la settimana successiva ruotavano). In questo spazio abbiamo previsto un tempo per i genitori e per i nonni che si sono divertiti a cantare, narrare, costruire, raccontare a mettere la loro esperienza a disposizione dei bambini. Il laboratorio preferito è stato ceramica dopo un primo approccio difficoltoso (i bambini di oggi hanno accentuate difficoltà disprassiche al medio, anulare e mignolo), abbiamo prodotto di tutto dal vasellame ai magneti, dalle ceramiche ai monili… Ad una attaccatura lo strumentario Orff che ci ha consentito di esibirci svariate volte e le tante attività di “matemusica”

SCIENZE AL PARCO: La città in cui vivo, Pesaro, offre continue occasioni culturali, incontri e di confronti aperti anche ai bambini, ne abbiamo sempre colto l’essenza ma ci siamo dedicati con maggior passione alla natura. Vicino alla scuola è situato il più bel parco della città, insieme ad un grande naturalista[9] abbiamo vissuto scientificamente la natura, o naturalmente le scienze (in ogni stagione, bagnati dal sudore o dalla pioggia): osservazioni, raccolte, classificazioni, seriazioni ma anche analisi nel laboratorio di microscopia. Attimi sempre pulsanti di meraviglia. In primavera la nostra attenzione si è rivolta alle rondini, per un problema legato alla nidificazione causata da inquinamento a diversi livelli, abbiamo quindi pensato bene di uscire a censire tutti i nidi della città, un’attività di salvaguardia che ha creato interesse in città tanto che ai bambini è stato conferito un certificato di adozione delle rondini.  

Le attività

SCANSIONE DELLA GIORNATA SCOLASTICA: ci siamo scanditi il tempo, una routine che in prima soprattutto agevola la contestualizzazione e l’autonomia dei bambini. I momenti delle nostre mattine erano i seguenti:

INCONTRO (CIRCLE TIME): momento in cui in cerchio ci incontravamo, ci parlavamo, ci raccontavamo, cantavamo, ci spiegavamo… Un momento rituale come la campanella, una sveglia che ci isolava dal vissuto extrascolastico per ritessere le empatie di classe lavorando sull’ascolto e sui tempi di relazione.

ANTICIPAZIONE PROPOSTA: generalmente introdotta da un espediente narrativo, mi piace proporre situazioni strampalate o simpatiche, che inducano il sorriso e siano appetibili. Nonsense che favorisce l’ancoraggio dell’attività alla memoria, del sorriso alla fatica.

STRATEGIA, “ATTIVITÀ’ CON LA TESTA”: l’esecuzione dell’attività comporta un impegno cognitivo alla risoluzione della proposta, le attività sono rivolte al gruppo prevedono confronto ed organizzazione. 

ESECUZIONE, TRASCRIZIONE (“CON LE MANI”): una volta risolto il problema i bambini possono trascriverlo secondo la modalità che più li rappresenta o che ritengono più opportuna sul quaderno.  

RICOGNIZIONE, RIELABORAZIONE, REGOLAZIONE, alla fine dell’attività hanno un quadro definito da lavorare per l’ultima elaborazione. L’ultima astrazione che regala spesso momenti di vera soddisfazione, un percorso che non contempla faccine, stelline, voti… i bambini sono soddisfatti e con orgoglio mi mostrano il loro capolavoro, in questo momento possono mostrarlo e spiegarlo agli amici e successivamente ai genitori a casa (la costante che vogliano sempre portare il quaderno per farlo vedere ai genitori è un motivo d’orgoglio anche per il maestro). L’amore per il lavoro si coltiva con delle buone pratiche, certamente, ma anche non svilendone la dignità: l’imprimatur di noi adulti sui loro elaborati, schiaccia fantasia, creatività ed amore per il lavoro in sé, una necessità dei grandi che toglie desiderio ai bambini (focalizzati sul premio dell’adulto)

VALUTAZIONE: dell’osservazione sistematica ho accennato sopra; la valutazione non deve essere invasiva ma inclusa nell’azione didattica per cui nei casi in cui ho voluto testare la capacità di esecuzione ho utilizzato delle “prove ludiche differenziate”. Divisa la classe in squadre, spiegavo l’attività: in genere ogni prova garantiva dei punteggi, le prove le avevo preparate in modo differente, graduate in modo che ogni bambino si potesse mettere alla prova superandosi, nei giorni successivi comunicavo la squadra vincitrice. A nessuno di loro ho mai comunicato il risultato della prova, non ne avevano bisogno (e neppure io). La dinamica del gioco, quando non vi è un confronto standardizzato che favorisce una competizione ad esclusione mi ha sempre garantito il massimo della concentrazione, nessuno si è mai tirato indietro, ha subito ansie da prestazioni o da giudizi, il profondo vincolo fiduciario che ci ha legati ha fatto da garante e da stimolo. Una questione dirimente è il riuscire a progettare attività che includano al termine un momento di verifica e di confronto personale che ha portato a considerare l’errore come un naturale processo (propensione alimentata dagli errori che volutamente commetto e che loro correggono col sorriso). Apro una piccola parentesi, la scuola addestrativa è imperniata sul concetto che non si debba sbagliare: nei test/ verifiche il bambino viene penalizzato dall’errore, le sue risorse sono focalizzate sul risultato, nell’applicare una procedura in modo passivo ovverossia esecutivo. Siamo di fronte ad una distorsione del concetto di valutazione che definisco “disvalutazione” (se non fai errori prendi 10) una misurazione a scalare che toglie invece di trovare, che leva invece di aggiungere, un espediente facile ma cieco, che impedisce di scoprire il talento e l’unicità attraverso il lavoro dei nostri ragazzi, la loro essenza. Vale anche per i quaderni che sono meravigliosi quando contengono le tracce delle esperienze e non gli sgorbi rossi e blu dell’insegnante, sono gli stessi i bambini scorrendo indietro il quaderno a correggere loro stessi, sentendosi migliori, percependosi migliorati: sottolineare l’errore ne amplifica il potere inibitorio; a noi l’errore serve, serve primariamente saperlo cogliere ed appuntarcene i suggerimenti, serve condividerlo per approfondirne l’analisi, non serve a testimoniare ad altri adulti che siamo bravi censori né per perpetuare una modalità di potere “quotidiano”, di inutile controllo. La spontaneità, la piacevolezza del lavorare (al bambino piace, è all’adulto che il concetto stride) rivelati dalle parole di Lorenzo al suono della campanella dell’intervallo “Ma nooooo, non ho ancora finito!! Posso saltare la pausa?”; la piacevolezza di un tempo di lavoro che diventa luogo di relazione positivo nelle parole di Martina l’ultimo giorno prima delle feste di Natale “maestro non posso pensare di fare Natale senza di te”.

AUTOVALUTAZIONE: Costruire apprendimenti con un’appendice “autocorrettiva” è un punto discriminante di una proposta autenticamente formativa: il bambino dovrebbe autonomamente rilevare incongruenze ed inadeguatezze rispetto al suo lavoro e porvi rimedio, elevandosi rispetto alla sua produzione, sentendosi sempre attivo e capace. La pianificazione ottimale di un  apprendimento comprende l’autovalutazione e marginalizza il ricorso continuo alla prova di verifica, ai test: verifiche degli apprendimenti in questo contesto si debbono esplicitare attraverso momenti ludici, almeno inizialmente il bambino non ne deve subire la pressione, non deve patire il problema di sbagliare, deve essere stimolato, come accennavamo, in senso opposto ovverossia alla ricognizione in un contesto in cui lo sbaglio è un naturale ed inevitabile momento di crescita.

Semplici attività, dinamiche che legate a concetti primitivi quali impegno e passione, hanno reso il tempo passato insieme il migliore possibile ed il legame indissolubile. Spazi dell’anima che conquistiamo se sappiamo metterci in discussione e scardiniamo l’incancrenita architettura di una scuola selettiva per riuscire a garantire la crescita democratica dei nostri ragazzi e, attraverso una scuola formativa, la cultura del nostro Paese.


[1] Vygotskij l’avrebbe chiamata “aristotelica” in contrapposizione con quella “galileiana”

[2] Una didattica standardizzata alimenta differenze e disparità

[3] Di lì la genesi di un testo poi chiamato “EsSenza Scuola”

[4] L’utilizzo di metodi ritenuti dimenticati purtroppo sta tornando di moda di fronte all’inadeguatezza di alcuni docenti (toni di voce altissimi, bambini fuori dalla porta… erano brutture che credevamo dimenticate)

[5] riuscire ad acquisire i concetti di autonomia ed appropriatezza nel vivere quotidiano.

[6] “oggi vicino alla maestra mettiamo Giacomino perché non parla… è stato bravo… ha fatto i compiti…”

[7] Sistema di regole condivise. L’adulto non è più neanche necessario sia mediatore invasivo con i bambini di oggi

[8] Definisco impropriamente questa osservazione empatica: formativa, sistematica, approfondita, multidimensionale, dinamica, condivisa (corilevazione), coerente (contestuale), focalizzata

[9] Andrea Fazi

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